Da quando la settimana scorsa il colosso Jindal Steel ha fatto sapere ufficialmente che per il piano industriale delle Acciaierie di Piombino ci sarà da aspettare almeno altri quattro mesi, con l’ennesimo ritardo e per giunta con una produzione dei laminatoi a singhiozzo, in città si sono moltiplicate le discussioni. Questo anche grazie allo sciopero della fame promosso dall’associazione Coordinamento Articolo 1-Camping Cig, che per tre giorni ha stazionato in piazza Cappelletti per sensibilizzare su una situazione che vede 900 operai a casa in cigs da anni, e agli altri 800 operativi ma al lavoro per non più di dieci, dodici giorni al mese. Per non parlare di un indotto di un altro migliaio di lavoratori e lavoratrici che, di fatto, si è dovuto reinventare fra mille difficoltà un altro mestiere.
Allo sciopero avviato dal veterano dell’ambientalismo locale Ugo Preziosi e dal cassintegrato Paolo Francini, attivista Fiom legato all’area di opposizione Cgil, è arrivata la solidarietà diretta di un bel pezzo di città, fra consiglieri comunali di ogni colore (da Fratelli d’Italia a Rifondazione comunista), esponenti dell’associazionismo, cittadini di ogni età e anche assessori della composita giunta comunale che vede fianco a fianco la destra e civici con lunghi trascorsi nel Pd e a sinistra. Anche la portavoce dell’opposizione Cgil, Eliana Como, ha partecipato allo sciopero, mentre in parallelo il caso Jindal ha portato a interrogazioni parlamentari di Stefano Fassina e Nicola Fratoianni di Leu e di Gloria Vizzini del gruppo Misto. Dal canto suo, il senatore Gregorio De Falco ha sollecitato il governo a mettersi davvero al lavoro per far rispettare gli impegni sottoscritti, e non mantenuti, dalla multinazionale indiana dell’acciaio.
Proprio lo stato delle cose – a un anno e mezzo dall’acquisto dell’ex Aferpi, Jsw Steel non è ancora presentato il progetto di un’acciaieria elettrica per la ripresa della produzione diretta – ha portato il sindaco Ferrari di Fdi a presiedere un’assemblea aperta al Centro Giovani. Anche se, purtroppo, di giovani in una sala peraltro affollata se ne sono visti pochi, la discussione ha portato ad un accordo teso a sostenere le richieste della città, e dei suoi operai superstiti, sia al Mise che allo stesso premier Conte.
“Si tratta del secondo polo siderurgico nazionale e non può non essere considerato tale – ha sintetizzato il sindaco Ferrari – per una comunità che ha bisogno di una prospettiva per il futuro”. Perché, come ha ricordato in assemblea uno degli 800 operai che ancora lavorano, Diego Giardullo. “se quella fabbrica è ancora in piedi è perché c’è qualcuno che silenziosamente la difende. Il mio invito a chi parla è a entrare, guardare e parlare con gli operai prima di fare dei proclami. L’acciaio va difeso, perché è la nostra storia”. Anche se di fronte alle multinazionali, e al mancato rispetto di accordi comunque sottoscritti, lo stesso ministro Patuanelli in Parlamento ha ricordato che di strumenti a disposizione non ce ne sono molti.