«Parlateci di Bibbiano» è lo slogan con il quale le destre hanno cavalcato l’inchiesta sull’affidamento di minori nelcomune reggiano tanto che ieri il leader della Lega ha, di fatto, concluso nel piazzale del municipio la sua lunga campagna elettorale. Prima di lui anche Giorgia Meloni aveva fatto una comparsata domenica scorsa. Riflettori che difficilmente si spegneranno qualunque sia l’esito del voto di domenica anche grazie alla nuova legge che il centro destra ha deciso di proporre in Piemonte e che, non a caso, si chiama «allontanamento zero». La proposta è stata avanzata dall’Assessora leghista Chiara Caucino e mira a ridurre drasticamente gli affidi di minori nella Regione subalpina. L’esponente salviniana parla di modifiche normative che limiterebbero gli allontanamenti dai nuclei famigliari di origine di almeno il 60%. Al 31 dicembre 2018 (ultimo dato disponibile) i minori presi in carico dai servizi sociali piemontesi erano 60.068, di questi 2597 sono stati seguiti in un percorso fuori dalle famiglie di origine: 1547 in nuclei affidatari, 1050 in comunità. È proprio su questi casi che vorrebbe intervenire la legge piemontese che, presumibilmente, farà da apripista ad altre analoghe nelle regioni governate dalle destre. L’assunto ideologico che sta alla base di questa proposta non è solo richiamare i «fatti di Bibbiano» ma sostenere che i minori vengano allontanati perché provenienti da famiglie indigenti.
A sostegno della proposta leghista sono arrivati anche i «fratelli d’Italia» che hanno parlato apertamente di un «sistema marcio» alludendo a un parallelismo, che non ha riscontri giudiziari di nessun tipo, con le note vicende emiliane. L’opposizione ha già promesso ostruzionismo ma è dalla società civile piemontese che sono arrivate le prese di posizione più dure contro questa legge. È nato a Torino un comitato che raccoglie decine di associazioni, ordini professionali, docenti universitari, organizzazioni sindacali e singoli che stanno contestando il Ddlr. «Non è negando che esistono nuclei familiari in difficoltà – affermano gli esponenti del comitato – che si tutelano i minori. Ogni bambino ha diritto a vivere in una famiglia adeguata a uno sviluppo affettivamente sano ma il superamento di difficoltà importanti come problemi psichiatrici, dipendenze e abusi, non si risolvono in tempi brevi».
«La legge – aggiungono – prospetta un progetto educativo familiare di almeno sei mesi prima di ricorrere ad altre iniziative, ma è grave attendere sei mesi per accogliere in una condizione più adeguata i minori maltrattati, esposti a violenza assistita, che hanno genitori con disturbi psicologici gravi o con dipendenze, e si trovano in pericolo per la salute o per la vita. Oggi l’affido familiare – conclude il comitato «zero allontanamento zero» – è concepito per non allontanare: significa dare a chi nasce in una condizione difficile una risorsa umana e sociale aggiuntiva e non certo “strappare” i bambini». Anche il mondo dell’Accademia ha preso una posizione netta: sono già oltre 40 i docenti universitari dell’Ateneo torinese ad essersi espressi contro la proposta leghista. Forti perplessità sono arrivate anche dall’Ordine degli Avvocati di Torino che, attraverso la presidente Simona Grabbi, ha dichiarato come la legge «non inciderà in alcun modo sulla tutela dei minori, ma rischierà solo di alimentare allarmismo e ostilità nei confronti dei Servizi Sociali, di intimorirli limitando il loro intervento già molto circoscritto anche a causa della cronica e sempre più acuta carenza di risorse».
Sarebbero dovute partire, in questi giorni, le audizioni in Regione dei vari soggetti coinvolti da questo disegno di legge ma lo scontro si è infiammato bloccando tutto con Lega e Fratelli d’Italia che parlano di necessità di fermare il «mercato degli affidi» e il capogruppo di Lev Marco Grimaldi che ha risposto sostenendo che «l’unico mercato da chiudere è quello della campagna elettorale fatta sulla pelle dei minori».