I verbali secretati di Pietro Amara, nei quali tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020 i pm milanesi Storari e Pedio hanno raccolto i racconti dell’avvocato siciliano (già arrestato, indagato per depistaggio, coinvolto in diverse vicende giudiziarie e con condanne patteggiate per corruzione in atti giudiziari) non erano segreti per niente.

DAI RESOCONTI dei giornali che diversi mesi fa o più recentemente li hanno ricevuti, dai primi atti di due inchieste sulla fuga di notizie e per calunnia che riguarda una funzionaria di primo piano del Consiglio superiore della magistratura, dalle parole di ieri dei protagonisti, viene fuori un altro inquietante spaccato dei rapporti tra magistrati, in specie quelli della procura di Milano, e tra i componenti del Csm. E così tornano ad alzarsi le polemiche politiche contro questo Csm, già pesantemente provato dal «caso Palamara» (che peraltro aveva visto coinvolto proprio l’avvocato Amara e un protagonista dei suoi verbali, quel Fabrizio Centofanti accusato di aver corrotto Palamara). Mentre il centrodestra incalza con la richiesta di una commissione d’inchiesta su – genericamente – magistratura, politica e media.

LA SEQUENZA dei fatti racconta di una lunga e velenosa circolazione di questi dossier ad alto contenuto ricattatorio. Può essere ricostruita così. Pochi mesi dopo aver raccolto i racconti di Amara sull’esistenza di una sorta di loggia massonica (denominata «Ungheria») capace di influire sulle decisioni del Csm e su una rete di raccomandazioni di cui avrebbe beneficiato anche l’ex presidente del Consiglio Conte, il pm di Milano Storari ha consegnato i verbali secretati all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo (allora in carica). Lo avrebbe fatto perché intendeva tutelarsi contro l’inerzia del suo procuratore capo, Francesco Greco. Quest’ultimo, ex toga di Mani Pulite come Davigo, è prossimo alla pensione (novembre), ieri ha negato che negli uffici della procura ci siano spaccature ma certo la sua successione è una delle due o tre scadenze che più agitano il Csm e le correnti della magistratura. La visita di Storari (che non risulta aver seguito il canali previsto in questi casi, una segnalazione al procuratore generale) a Davigo è dell’aprile 2020, un anno fa.

IL PROCURATORE generale della Cassazione Giovanni Salvi (membro di diritto del Csm) ieri ha riferito che Davigo «nella tarda primavera» del 2020 «mi disse che vi erano contrasti nella procura di Milano circa un fascicolo molto delicato» ma senza parlare «di copie di verbali». Poco dopo, e in questo caso Salvi ricorda il giorno, «il 16 giugno il dottor Greco mi informò per grandi linee della situazione e delle iniziative assunte». Salvi ieri ha definito «una grave violazione dei doveri di un magistrato» la diffusione di verbali di indagine, in questo caso secretati e non firmati. Da giugno si passa a ottobre 2020. Il 19 di quel mese il Csm a maggioranza dichiara decaduto (perché in pensione) il consigliere Davigo, peraltro con il voto decisivo del consiglio di presidenza (dunque dello stesso Salvi). È una decisione traumatica. Davigo non l’accetta e ricorre prima al Tar e poi al Consiglio di stato (ricorsi bocciati).

IL 27 OTTOBRE, secondo quanto riferito giovedì dal Fatto quotidiano – giornale con il quale Davigo occasionalmente collabora – un plico anonimo fa arrivare nella redazione diretta da Travaglio i verbali di Amara di fine 2019. Il giornale, sospettando un ricatto, decide di non pubblicare e denunciare la fuga di notizie alla procura di Milano. Passano quattro mesi, il contenuto dell’inquietante racconto dell’avvocato Amara non è più segreto ma nella disponibilità di un gruppo di giornalisti, magistrati ed ex magistrati. Quei verbali che contengono tra l’altro accuse (in forma grezza e tutte da verificare) a un consigliere del Csm, Ardita, vengono anonimamente recapitati anche a un altro consigliere del Csm, Di Matteo. A febbraio 2021 gli stessi verbali vengono fatti arrivare, sempre in maniera anonima, a Repubblica. Il quotidiano romano lo ha raccontato solo ieri, avendo deciso analogamente al Fatto di non scrivere e denunciare, ma questa volta alla procura di Roma. In conseguenza di queste denunce, alcune settimane fa gli uffici di una funzionaria del Csm – che era stata nella segreteria di Davigo e che è legata a un magistrato romano esponente della corrente fondata da Davigo, Autonomia e Indipendenza (la stessa di Ardita) – vengono perquisiti. È sospettata di essere lei la fonte anonima. Le procure di Roma e Perugia (competente sui magistrati romani) indagano sulla violazione del segreto. Mercoledì scorso il quotidiano Domani ha pubblicato una parte di questi verbali, quella nella quale Amara tira in ballo Giuseppe Conte, facendo esplodere il caso (e provocando una lettera risentita dell’ex premier). La procura di Brescia, competente sui magistrati di Milano, sta valutando se aprire un fascicolo. Mentre il pg Salvi ha annunciato una valutazione dei profili disciplinari. Storari ha detto che è pronto a farsi sentire dal Csm.