Un trittico all’insegna della versatilità di stili della danza del Novecento e di oggi. È questa la sfida su cui svetta in questi giorni (ultima replica il 3 marzo) il Balletto dell’Opera di Roma, diretto ormai da anni con bella mano da Eleonora Abbagnato. Forsythe / Inger / Blanc è il titolo dello spettacolo che punta su titoli inossidabili del repertorio contemporaneo (di Forsythe e Inger) e su una nuova creazione (di Nicolas Blanc). Apre il cult di William Forsythe, Herman Schmerman, musica di Thom Willems, anni di nascita 1992, un quintetto e un duetto di quelli che si stampano nella memoria. A danzare alla prima nel quintetto Marta Migliarini, Annalisa Cianci, Marianna Suriano, Alessio Rezza e Giacomo Castellana, nel duetto Michele Satriano e l’étoile Susanna Salvi. Il quintetto porta in scena quel graffio post post classico di Forsythe che ai tempi della direzione del coreografo al Frankfurt Ballet ha fatto storia influenzando generazioni di coreografi successivi. Luminoso quanto imprevedibile, il quintetto vitalizza lo spazio con una scrittura di accenti singoli che diventano, per schegge, collettivi. A ogni danzatore il suo sviluppo coreografico che, giocando su brevi frasi a canone, attimi di unisono a tre o in coppia, si unisce a quello di altri per poi separarsene con fulminante velocità. Disequilibri accesi, alternati a camminate e corse dall’appeal quotidiano, formazioni che si scompongono, folgoranti assoli: che creatività ancora oggi! Herman Schmerman si completa con il duetto, pezzo in cui il graffio dell’autore si distende in linee di movimento più ampie temporalmente, una sorta di adagio, ma sottilmente inquieto, in cui il maschile e femminile si intrecciano variabilmente, complice anche la famosa gonna gialla di Versace indossata da entrambi i danzatori alla fine del pezzo. Plauso in particolare a Alessio Rezza, giocoso nella frizzante qualità dinamica del quintetto, ma tutti i sette interpreti danno ottima prova di sé entrando in Forsythe con una vitalità che fa onore al Corpo di Ballo dell’Opera.

Giorgia Calenda e Alessio Renza in Walking Madfoto di Fabrizio Sansoni,

LA COMPAGNIA si conferma duttile al cambiamento di approccio coreografico e stilistico anche con il secondo titolo del programma: Walking Mad del coreografo svedese Johan Inger. Pluripremiato pezzo del 2001, danzato da più compagnie a partire dal Nederland Dans Theater (in Italia vince nel 2005, interpretato dal Cullberg Ballet, il Premio Danza&Danza), Walking Mad si sviluppa intorno a un grande muro in movimento sulle note del Bolero di Ravel, con epilogo a sorpresa su Für Alina di Arvo Pärt. Il protagonista principale – alla prima Jacopo Giarda – arriva dalla platea, cappottone e sguardo perso, camminando verso il palcoscenico fino a salirci. Il muro inizia la sua corsa, scivolando in avanti quasi a schiacciare l’intruso: ed è già evidente che il pezzo giocherà con gli imprevisti della vita, metaforicamente interpretati, se così si può dire, dalla struttura movente. Inger, di cui qui si sente la feconda radice svedese legata alla storia del Cullberg Ballet (lo stesso Inger lo ha diretto per alcuni anni) e di autori come Mats Ek, ha una scrittura profondamente credibile nel dare impatto emozionale al movimento: nove interpreti, legati tra loro da diversi colori, entrano e escono dalle porte che si aprono e chiudono imprevedibilmente sul muro, spariscono alla vista cadendo indietro dall’alto della struttura, alternano momenti più intimi a sequenze di insieme. Intanto il Bolero incalza, ma anche si fa impercettibile nel momento in cui una sola danzatrice è quasi schiacciata dal muro che si incunea al centro. Il finale si riconcentra su Giarda con Annalisa Cianci, nell’ultimo toccante duetto su Pärt. Grande pezzo.

CHIUDE Far Afar, la creazione del giovane coreografo Nicolas Blanc, una carriera internazionale come danzatore culminata al San Francisco Ballet, molte coreografie al suo arco. Per l’Opera di Roma ha scelto Oceans, Sinfonia n. 1 di Ezio Bosso, una partitura di cui lo stesso compositore scomparso da poco scrisse: «…L’immagine è stata quella di un uomo solo davanti all’oceano, un oceano che cresce, si infrange (…) L’oceano è il mare ma anche il viaggio, che può essere viaggio interiore, la migrazione da una condizione umana all’altra…». Blanc la attraversa trasformando il viaggio del singolo a quello di una comunità e di una coppia, sovrastati in alto, sulla sinistra della scena, da una grande barca di legno. Coinvolta tutta la compagnia, e una coppia principale composta dall’étoile Susanna Salvi con Claudio Cocino. Il linguaggio della danza è qui neoclassico, a tratti, come nel finale, sembra omaggiare il Balanchine di Serenade, con quel cammino lirico e collettivo sulla diagonale. Un pezzo di cui si apprezza, più che la novità dello stile di movimento, la fluidità con cui Blanc coinvolge l’intera compagnia nel disegno coreografico, immergendosi nella emozionante partitura di Bosso. Compagnia compatta, guidata da Susanna Salvi che, insieme a Cocino, si conferma interprete di spiccato lirismo.