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Da Ercolano a Panipat, così si riciclano gli abiti usati

Da Ercolano a Panipat,  così si riciclano gli abiti usati

Rifiuti Dalla Campania all’India, 15 mila chilometri per recuperare un tessuto

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 13 gennaio 2022

Depositati nei cassonetti, i nostri abiti usati partono per lunghi e tortuosi viaggi con svariate tappe e sorprendenti ritorni. La prima destinazione è quasi certamente la Campania, in particolare Ercolano e il casertano, dove hanno sede le maggiori aziende di selezionatori, ovvero le ditte che acquistano dai Comuni e dai gestori che fanno la raccolta differenziata per conto dei Comuni, i rifiuti tessili. I selezionatori sono specializzati nel fare la cernita e suddividere i capi in 4 categorie: la prima scelta, gli abiti che si possono ancora indossare, vengono subito avviati ai mercati dell’usato, o di seconda mano, in Italia o all’estero. La seconda scelta viene avviata alla preparazione al riuso e trasformazione. La terza scelta sono quegli indumenti che, non più utilizzabili, vengono avviati al riciclo, cioè al recupero di materia: questa parte, che rappresenta circa la metà dei volumi, non viene quasi mai lavorata in Italia ma imbarcata su navi, destinazione prevalente India, distretto di Panipat, 90 km a nord di Delhi. Qui l’industria del riciclo è nata grazie al riciclo di macchinari di seconda mano dislocati da Prato negli anni Novanta. A Panipat si fa un ulteriore lavoro di cernita: le balle di rifiuti tessili che provengono da mezzo mondo (quello ricco) vengono disassemblate, i capi valutati, tolti bottoni, cerniere, borchie e quant’altro e suddivisi per materiali (lana/cotone/poliestere…) e colori. Quello che è ancora utilizzabile viene obbligatoriamente esportato, per lo più in Africa (Anupam Kapoor, 2019) perché la legge indiana vieta la vendita di vestiti di seconda mano per proteggere la manifattura locale.

Il grosso del business locale si fa sulla lana: quella meno pregiata si usa per produrre coperte, ma il settore è entrato in crisi negli ultimi anni a causa della concorrenza cinese che produce allo stesso prezzo coperte nuove imbottite di poliestere, più leggere e attrattive sul mercato.
Invece la lana più pregiata, in particolare il cachemire, che a Panipat viene cercato come oro nelle balle e quando viene scovato è custodito sotto chiave, è rispedita per lo più proprio a Prato che ogni anno importa circa 180 mila tonnellate di scarti di lana (Ref_ricerche, 2021) da avviare al riciclo come lana cardata. Il cerchio si chiude, ma dopo un viaggio di almeno 15 mila km.

I dati Istat sull’interscambio di rifiuti tessili, rielaborati nel rapporto L’Italia del riciclo 2021 che ha dedicato al tessile un approfondimento, parlano chiaro: per gli articoli post-consumo (indumenti e accessori usati) l’interscambio complessivo supera le 17 mila tonnellate nel 2019, per un valore di 12 milioni di euro circa, in aumento del 20% rispetto al 2010 per quantità, mentre per valore l’import aumenta del 50%, l’export solo il 7%. Nel dettaglio, in Italia abbiamo importato indumenti e accessori usati prevalentemente da Germania, Svizzera e Austria per un totale di 3.324 tonnellate, e abbiamo invece esportato 14.311 tonnellate prevalentemente verso Tunisia, Guinea e Pakistan. Per quando riguarda invece l’import-export di stracci, avanzi e articoli tessili fuori uso, ne abbiamo importati circa 12mila tonnellate da India, Bangladesh e Pakistan ed esportati 28mila verso India, Pakistan e Francia.

A queste cifre sfuggono eventuali flussi illegali di rifiuti veri e propri bollati come rifiuti tessili, o le balle di stracci farcite di tutt’altro. Il documentario Stracci, del regista Tommaso Santi, scritto con la pratese Silvia Gambi, consulente dell’Associazione tessile riciclato italiana e blogger di Solomodasostenibile.it, documenta sia la maestria dei cenciaioli di Prato, sia lo scempio della discarica di Accra, in Ghana, dove finiscono enormi quantità di tessili. Le immagini di Accra rimandano a quelle della discarica di tessili di Alto Hospicio, nel deserto di Atacama, in Cile, altro cimitero globale della fast fashion, documentato nei mesi scorsi dall’Agenzia France- Presse.

(Stracci sta girando per l’Italia: si può vedere mercoledì 19 gennaio alle 21.30, al Cinemino di Milano, proiezioni si possono organizzare in ogni città tramite il sito straccidoc.it).

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