Il saggio Divinità in viaggio. Culti e miti in movimento nel Mediterraneo antico (Il Mulino, pp. 280, euro 20) di Corinne Bonnet, ordinaria di Storia greca, e Laurent Bricault, docente di Storia romana (entrambi università di Tolosa Jean Jaurés), riprende le trame di un corso magistrale incentrato sul racconto di peregrinazioni divine ricavate dalla storiografia e dalla numismatica, da epigrafi e inni.

NE RISULTA una vivace teoria di pensieri nomadi: da Melquart, archetipo soprannaturale del fenicio ramingo, a Cibele, che lasciò la Turchia per una Roma in balia di Annibale, passando per Serapide, sbarcata dall’Egitto sull’isola greca di Delo, e per la babilonese Ishtar. «L’universo è pieno di dèi», scrive Platone. Eppure essi riempiono gli spazi loro assegnati dagli uomini. È questo, forse, il senso del classicismo.

Bonnet e Bricault muovono da un apparente paradosso: gli dei sono identitari; gli dei sono in perenne movimento e, pertanto, tendono all’inclusività, seppur forzosa. Gli imperi se ne servono per autolegittimarsi, evitando di invadere il privato dei sudditi; i naviganti devono prima o poi gettare l’ancora; con l’altro tocca scendere a patti, magari scambiandosi epifanie.

A volte le divinità prendono possesso di un territorio altrimenti indomabile. È il caso di Tiro, metropoli di Cartagine, dove Melqart è la roccia errante che un immortale radica al suolo. Lo spazio, tuttavia, è poco. Qualsiasi rocca ai bordi del mare è buona per estenderlo. Perfino Gades, presso le Colonne d’Ercole. Melqart diventa presto un’idea diffusa che eleva la natura a cultura. Fino ai confini del mondo.

C’È POI UN DIO che viaggia insieme all’imperatore omonimo, disegnando una sceneggiatura che ricorda il Kurtz di Cuore di tenebra e il monolito nero di Kubrick.

Nel 217 d. C. Caracalla muore assassinato. Nella vicina Emesa, in Siria, il gran sacerdote di Baal, appena quattordicenne, si ritrova Cesare con lo stesso nome del suo idolo: un meteorite alto un metro. Deve partire per Roma, ma vuole portare con sé il suo protettore. Allora, per non esporlo al rischio delle tempeste, decide di attraversare Bitinia, Tracia, Mesia e Pannonia. Lungo la strada, Elagabalo organizza cerimonie nuziali. A Laodicea, il meteorite sposa Artemide Perasia, dea della notte stellata; a Faustinopoli, si congiunge addirittura con Faustina, la moglie di Marco Aurelio, assimilata alla Luna.

DALLE LORO PEREGRINAZIONI, i numi non escono indenni. Sono forti perché liquidi, sanno adattarsi. Gli dei sono come tarocchi. Parlano di archetipi, sono leggibili se interpretiamo la carta al lato, rivelano l’evoluzione delle paure e delle fascinazioni umane per il diverso. Quelli politeisti sono materiali, quelli monoteisti eterei, quello biblico è pura parola.

LE DIVINITÀ, che pure conoscono il tocco dell’intimità, talvolta non moderano uno sfacciato istinto all’invadenza. È curiosa l’etimologia del termine «epidemia», derivante dal greco epi, «su», e demos, «popolo». Prima che Ippocrate lo releghi nel campo semantico della medicina, il lemma si riferisce a un’apparizione divina con un impatto totalizzante. Come l’Afrodite di Erice, che riempie la città siciliana di un odore di burro, attira le colombe dalla Libia e induce gli animali all’accettazione automatica del sacrificio.

All’ineluttabile però soccombono anche gli dèi quando, vittime di godnapping, subiscono trasferimenti coatti imposti dal potente di turno: il re elamita Shutruk-Nakhunte non esita a traslare la stele di Hammurabi a Susa, dove vuole condurre le sue virtù.

IL MOTO SI FA STASI con il cristianesimo. La globalizzazione trionfa, stracciando il locale e abbracciando il monoteismo esclusivista. Le resistenze non sono convinte, tranne in Grecia. Secondo gli Atti degli Apostoli, Paolo di Tarso raggiunge Atene, convinto di convertire facilmente un popolo fiaccato dall’eccessiva parcellizzazione delle idee. Ma si sbaglia. Quello in piedi, al centro dell’Areòpago, è un predicatore triste, solitario e finale. Non appena accenna alla resurrezione, un pubblico unanime lo tratta da ciarlatano. Non si possono varcare i confini tra la morte e la vita. Di tutti i viaggi, questo è l’unico proibito nel mondo antico. Anche per un dio.