La fucina del jazz di Chicago non smette di sfornare talenti. L’ultimo arrivato è l’afroamericano Ben LaMar Gay. Suona la cornetta, l’elettronica e una miriade di altri strumenti oltre a cantare. Ha registrato sette dischi mai pubblicati. Un selezione da questi lavori costituisce questo Downtown Castles Never Can Block the Sun, un magnifico e sorprendente catalogo di idee. Eclettico, certo, data la natura di compilation, ma per nulla dispersivo o incoerente. La musica è onnivora, multi stilistica e multistrato: il continuum afroamericano. Si ascolti il tributo al padre della AACM ( di cui Gay fa parte) Muhal con le sue pulsazioni kraut-rock su cui si sovrappongono bordate di clarinetto basso, spoken word e cori. Il relativo video ne chiarisce anche l’estetica da un punto di vista visuale. Questa è musica globale contemporanea dove troviamo tradotte in suoni tutte le tensioni e contraddizioni di oggi: suoni sintetici e strumenti arcaici, essenza jazz e blues nelle pronunce strumentali e vocalità hip hop e neo-soul, tribalismo tropicalista, minimalismo e libera improvvisazione.
Da Chicago le contraddizioni del presente
Note sparse. L’afroamericano Ben LaMar Gay suona la cornetta, l’elettronica e una miriade di altri strumenti oltre a cantare. In «Downtown Castles Never Can Block the Sun», un compendio del suo talento

Ben LaMar Gay
Note sparse. L’afroamericano Ben LaMar Gay suona la cornetta, l’elettronica e una miriade di altri strumenti oltre a cantare. In «Downtown Castles Never Can Block the Sun», un compendio del suo talento
Pubblicato 5 anni faEdizione del 22 gennaio 2019
Pubblicato 5 anni faEdizione del 22 gennaio 2019