Ventisei cittadini del Qatar impegnati in una battuta di caccia nel sud dell’Iraq sono stati sequestrati ieri da un gruppo armato formato da almeno un centinaio di uomini. Il rapimento, confermato anche da fonti ministeriali qatariote, è avvenuto in un’area desertica della provincia di Samawa, prossima al confine con l’Arabia saudita. Secondo alcune testimonianze i rapitori, di nazionalità ignota, viaggiavano a bordo di numerosi pick up e poco prima dell’alba di ieri avrebbero fatto irruzione nel campo installato dai cacciatori nella zona di Busaya. Tra i rapiti ci sarebbero anche membri della famiglia regnante del Qatar, ma le autorità del paese del Golfo non hanno confermato finora questo particolare.

È abbastanza usuale per i facoltosi appassionati di caccia dei paesi del Golfo recarsi nelle zone desertiche dell’Iraq per praticare la caccia tradizionale con il falcone. Bersaglio preferito l’ubara, una sorta di tacchino selvatico che un tempo era largamente diffuso dal Marocco all’Afghanistan ma oggi risulta quasi estinto proprio a causa della caccia intensiva di cui è stato oggetto. In Iraq non esistono leggi che proteggano le specie in pericolo, come quelle che ad esempio vietano la caccia all’ubara nei paesi del Golfo.

Secondo il ministero degli Esteri di Doha i qatarioti catturati avevano regolare permesso venatorio. Baghdad in questi casi predispone anche un servizio di sicurezza. Lo proverebbe anche il fatto che due militari iracheni figuravano inizialmente tra i rapiti. Sarebbero stati rilasciati poco dopo.

In Iraq, in particolare nelle zone sciite del sud, il Qatar non gode esattamente di grande stima, è considerato sinonimo di appoggio finanziario ai gruppi combattenti sunniti, in particolare all’Isis.