Mentre in Cina Xi Jinping indica una sorta di «road map» cinese per le relazioni tra Israele e Palestina, inaugurando una nuova stagione dei rapporti tra Pechino e il Medio Oriente, con Abu Mazen e Netanyahu entrambi in Cina e forse pronti a un improvvisato incontro, per la prima volta gli Stati Uniti accusano direttamente la Cina di attacchi informatici, spionaggio industriale e di spregiudicata politica in fatto di armi e difesa.

L’attacco è contenuto nelle 83 pagine dell’annuale report presentato al Congresso sull’evoluzione della difesa cinese. Prima di questo documento le accuse nei confronti della Cina erano arrivate attraverso rapporti di aziende – americane – che si occupano di sicurezza informatica, come quello prodotto alcuni mesi fa dalla Mandiant nei quali la Cina veniva accusata di essere protagonista di intrusioni cibernetiche. Pechino ha risposto seccata alla relazione, giudicando «irresponsabili» le accuse provenienti da Washington, specie dopo la pubblicazione del libro Bianco da parte della Cina, circa il proprio «sviluppo pacifico».

Quanto alla crescita del proprio budget per la difesa, si tratterebbe di «naturale difesa della propria sovranità e dei propri interessi nel mondo».

Il rapporto è una mossa a sorpresa da parte degli Stati Uniti, dopo i recenti incontri e avvicinamenti diplomatici, non ultimo quello di Kerry a Pechino e la rinnovata volontà cinese di collaborare anche in ambito militare con il proprio nemico- alleato americano. Il rapporto americano ha evidenziato «gli sforzi continui della Cina per ottenere l’accesso a sofisticate tecnologie militari per alimentare il suo programma di modernizzazione». I metodi avverrebbero tramite «lo sponsor da parte dello Stato per lo spionaggio industriale e per aumentare il livello di tecnologie e competenze a disposizione per sostenere la ricerca militare, lo sviluppo e l’acquisizione di informazioni». La Cina – si legge – continuerebbe «a impegnarsi in attività volte a sostenere la sua modernizzazione militare, attraverso lo spionaggio economico, il furto di segreti commerciali, le violazioni sui controlli delle esportazioni e il trasferimento di tecnologia». Tutti i metodi sarebbero leciti: la relazione ricorda l’esempio di «due persone provenienti da Taiwan, accusati negli Stati Uniti, per il tentativo di passare informazioni sensibili alla Cina, attraverso fotografie».

La battagliera portavoce del ministero degli Esteri cinese – Hua Chunying – ha immediatamente risposto alle accuse, ritenendo i commenti americani come «irresponsabili circa una normale e giustificata difesa della Cina, descritta come una minaccia». Secondo Pechino le nuove accuse americane, «non sono positive circa la fiducia reciproca e la collaborazione tra i due paesi: siamo fermamente contrari a queste accuse e siamo già intervenuti nelle sedi adeguate». Sulle accuse di hacking in particolare, Hua ha detto: «Si tratta di critiche infondate che danneggiano gli sforzi bilaterali di cooperazione e di dialogo».