«Sarei molto cauto nel dire che quanto avvenuto allo stadio Olimpico ha a che vedere con la camorra. Non lo dico per sottovalutare, ma per evitare di dover dare sempre la colpa di tutto quello che succede a Napoli alla camorra, che invece per me in questo caso non c’entra proprio nulla». Prima di ricoprire l’incarico di presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone è stato per molti anni alla Dda di Napoli dove ha condotto le indagini contro il clan dei Casalesi che hanno portato alla condanna all’ergastolo di esponenti di spicco come Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti. Insieme a Gianluca Di Feo ha scritto per Rizzoli «Football clan» dove esamina i rapporti tra criminalità organizzata e mondo del calcio. Tifoso del Napoli, anche lui sabato sera era allo stadio. «Non so se ci stata una trattativa. Il prefetto di Roma e il ministro degli Interni dicono di no e io credo a loro, anche se ho dei dubbi. Però resta un dato di fatto: quelle immagini e quei comportamenti hanno legittimato un personaggio, Gennaro De Tommaso, certamente ambiguo, uno che che si è manifestato con logiche di antagonismo molto forte», commenta. «Quella legittimazione rappresenta nel quartiere in cui questo soggetto vive una vera e propria incoronazione. Vedere che il simbolo della partita diventa ’la carogna’ mi indigna come cittadino e mi dispiace che, seppure involontariamente, le istituzioni abbiano contribuito alla sua legittimazione».

Lei ha scritto: «Il calcio è diventato lo sport più amato dalle mafie». Per quale motivo?

Il calcio ha tre caratteristiche che sono di grande interesse per le mafie: fama, potere e danaro, elementi utili per creare consenso e un rapporto forte con i territori. E il calcio è uno strumento fondamentale di consenso oltre a esserlo per fare affari, visto il giro enorme di denaro che vi ruota intorno.

Per molti anni le curve sono state terreno di reclutamento politico, specie da parte della destra. Ora è subentrata la criminalità organizzata.

Si deve anche alla crisi delle ideologie. E’ successo un fenomeno purtroppo comune a molte curve: i meccanismi di violenza prima irreggimentati in una matrice ideologica, oggi rappresentano un sistema che può essere utilizzato dalle strutture criminali.

In che senso?

Nel senso che diventano una sorta di palestra per le attività criminali. Ovviamente senza generalizzare, perché nelle curve c’è un po’ tutto. Ma la crisi delle ideologie ha fatto sì che quei fenomeni di violenza diventassero sempre più interessanti per la criminalità e quindi che le curve diventassero uno strumento anche di reclutamento criminale. Questo vale soprattutto dove la presenza mafiosa è più forte, ma anche nelle tifoserie del centro-nord dove sono presenti soggetti che svolgono attività criminali anche se non organizzate. Per esempio in alcune tifoserie di centro-nord ci sono moltissimi pregiudicate soprattutto per reati in materia di stupefacenti.

Ci sono però anche forti interessi economici.

Sicuramente, come emerso da indagini giudiziarie. Lei pensi che quando ci fu il tentativo di scalata alla Lazio, che è l’unica ipotesi in questo momento accertata che vide presenti uomini della criminalità organizzatacoalizzati con una parte del tifo tradizionale della Lazio, i colleghi della procura di Roma scoprirono che la tifoseria organizzata laziale aveva di fatto il monopolio di tutta una serie di attività connesse al tifo, che andavano dalla vendita di gadget all’organizzazione delle trasferte e delle attività collaterali. Attività discretamente redditizia, e quando questi soggetti se la videro togliere dalla gestione Lotito si coalizzarono con chi avrebbe potuto in prospettiva rigarantirgli questo piccolo monopolio.

Però c’è anche tutta la partita che riguarda il calcio scommesse e i rapporti con le mafie internazionali.

Io parlerei di interesse delle mafie intorno alle scommesse in generale. Le mafie si sono infiltrate significativamente nel settore delle scommesse legali attraverso la gestione dei punti scommesse, importanti per riciclare danaro. In molti paesi del sud gli unici esercizi commerciali che non solo non chiudono, ma stanno aumentando a vista d’occhio sono le sale scommesse. Poi c’è l’altro aspetto che è quello del calcio scommesse sulle partite dove c’è una presenza rilevante delle mafie internazionali, ma anche una presenza delle mafie autoctone.

Un pentito, Emiliano Zapata Mussi ha detto che i tifosi del San Paolo «rispettano regole precise sono l’espressione dei clan camorristici presenti in città». E’ davvero così?

Credo che sia eccessivo, anche se non del tutto. Alcuni clan sono certamente rappresentati o comunque hanno rapporti forti con alcuni soggetti del tifo organizzato, però anche qui senza voler generalizzare.

Lei è stato più volte minacciato dalla camorra. Ha mai pensato di rinuciare allo stadio?

Assolutamente no. Attorno a quello spettacolo c’è l’entusiasmo sano. Come quando mi chiedono se me ne andrei da Napoli, io rispondo che dobbiamo fare in modo che se vadano gli altri.