È possibile un’alternativa radicale? A guardarsi intorno sembrerebbe di no. Da un evento sconvolgente come la pandemia non è uscito un rilancio del sistema sanitario pubblico. La consapevolezza della catastrofe climatica è aumentata, ma non è sufficiente a imporre una rapida e decisa inversione di rotta. L’invasione russa dell’Ucraina sta producendo un riarmo generale e una nuova divisione in blocchi: nemmeno il rischio nucleare spinge a ripensare le relazioni internazionali e limitare gli arsenali bellici.

ANCHE NELLE SECCHE di questo presente, però, Marco Bersani – coordinatore nazionale di Attac Italia e collaboratore del manifesto – non si perde d’animo e individua alcune tracce che alludono alla possibilità di «un nuovo patto sociale, ecologico e relazionale». L’idea madre de La rivoluzione della cura (Alegre, pp. 128, euro 13) non è una parola scelta a caso nel dizionario, ma il cuore del programma politico del ciclo di movimenti femministi che hanno riempito le piazze degli ultimi anni. La «cura» non è da intendere in quanto «assistenza delle persone fragili delegata alle donne», scrive Bersani, ma come «atteggiamento generale a cui finalizzare un modello sociale, ecologico, culturale e democratico radicalmente altro».

LO SFORZO DEL LIBRO è ricomporre la matrice delle crisi multiple e delle emergenze, reali o costruite, che caratterizzano la contemporaneità. A partire da alcune considerazioni. La prima: il capitalismo è insostenibile e la presunta mano invisibile dei mercati ha moltiplicato le disuguaglianze sociali e spinto il pianeta sull’orlo del collasso. La seconda: il concetto di resilienza, particolarmente in voga dall’arrivo del Covid-19, è la traduzione di quello di rassegnazione e corrisponde all’atteggiamento di «chi sta precipitando e continua a dire ’fino a qui, tutto bene’». La terza: è necessario ripensare il rapporto tra produzione economica, stili di vita e natura cambiando il segno alla forma assunta dalla globalizzazione neoliberista.

IL VOLUME È SCRITTO intrecciando la riflessione teorica con le esperienze di mobilitazione recenti che Bersani ha animato direttamente o in cui vede la capacità di rompere i perimetri e alludere a qualcosa di nuovo. La costruzione di uno spazio politico di dibattito e auto-organizzazione, come la Società della Cura che dal 2020 ha portato intorno allo stesso tavolo 450 esperienze sociali e oltre 2.000 tra attivisti e persone comuni. La battaglia per un diverso futuro energetico ed ecologico nata tra le realtà territoriali di Civitavecchia. La lotta operaia della ex Gkn e il suo incontro con il movimento ambientalista dei Fridays For Future, che ha permesso di mettere da parte la vetusta contrapposizione tra ambiente e lavoro per ragionare su una transizione radicale ma giusta dal punto di vista sociale. È proprio alla ribellione ecologista dei più giovani che Bersani dedica l’ultimo pensiero e su cui ripone la principale speranza: «Hanno energie per osare e non devono chiedere il permesso di farlo. Il giorno che risulteranno a noi incomprensibili vorrà dire che lo avranno fatto abbastanza».