Il mercoledì delle ceneri è, tradizionalmente, giorno di importanti iniziative di tutti partiti tedeschi. Epicentro delle manifestazioni è da sempre la Baviera, il ricco Land meridionale bastione dei democristiani ultraconservatori della Csu, partito-fratello della Cdu della cancelliera Angela Merkel.

Quest’anno, l’appuntamento è caduto nel pieno della campagna elettorale per le comunali in quella regione, che si terranno il 16 marzo, e all’inizio di una lunga pre-campagna in vista delle europee del 25 maggio: due piani separati, che tuttavia si sovrappongono in maniera rilevante.

A testimoniarlo è la battaglia che la Csu ha ingaggiato contro la «Armutsmigration», la «migrazione per povertà» che graverebbe in modo insostenibile sulle finanze dei comuni. Sul banco degli imputati c’è il principio di libera circolazione dei cittadini europei, dallo scorso gennaio valido anche per chi vive in Bulgaria e Romania: per i conservatori bavaresi, questo diritto-cardine della Ue rischia di portare «all’abuso dell’utilizzo del nostro stato sociale». Tradotto: agli europei dell’est in cerca di un futuro migliore in Germania non devono essere offerti gli stessi servizi garantiti ai tedeschi, altrimenti si crea un «effetto chiamata» e «i bilanci dei nostri municipi vanno in bancarotta».

Contro il populismo di destra della Csu – che ha riunito ieri migliaia di militanti a Passau, città al confine con l’Austria – si è fatto sentire Martin Schulz, numero uno dei socialisti europei, ospite d’onore del comizio del partito socialdemocratico (Spd) nella cittadina di Vilshofen, a pochi chilometri dal meeting dei conservatori. Fra birre, salsicce e folclore bavarese, il presidente dell’Europarlamento ha difeso il principio della libera circolazione: «Non nego che esistano problemi nei nostri comuni dovuti all’arrivo di migranti dai Paesi dell’est, ma la soluzione è offrire loro un lavoro pagato dignitosamente». Parole dure di Schulz anche nei confronti delle grandi imprese come google, che «fanno profitti in uno stato, ma pagano le tasse in un altro», dove i sistemi fiscali sono più vantaggiosi. A Sergio Marchionne saranno fischiate le orecchie.

Sulla giustizia fiscale ha insistito molto anche Gregor Gysi, capogruppo al Bundestag della Linke, principale forza di opposizione, che si è data appuntamento nella stessa città della Csu. Riferimento obbligato di Gysi i dati diffusi in una recentissimo studio condotto dall’autorevole Istituto per la ricerca economica (Diw, in sigla tedesca): il coefficiente di Gini, l’indicatore che misura la diseguaglianza, colloca la Germania ai primi posti nella classifica dei Paesi con minore eguaglianza nella distribuzione della ricchezza: l’Italia e la Francia fanno una figura migliore.

La ricerca si riferisce alla distribuzione della ricchezza (non dei redditi) nell’anno 2012: il patrimonio netto medio di un tedesco è di 83mila euro, ma quello mediano (cioè il punto d’incontro fra il 50% più ricco e il 50% più povero) è di appena 16mila euro. L’1% più facoltoso dispone di una ricchezza netta pari a 817mila euro, mentre il 28% della popolazione non possiede nulla o ha debiti. Grandi le differenze geografiche: la ricchezza media di un tedesco orientale è di 41mila euro, a fronte dei 94mila di un tedesco dell’ovest.

Una fotografia della realtà che fa dire a Gysi che è necessario tassare i grandi patrimoni: la ricchezza c’è, basta andarla a cercare. In Germania, e nel resto d’Europa.