Eugenio Albamonte, sostituto procuratore a Roma, è il segretario di Area democratica per la giustizia, nata otto anni fa come cartello elettorale tra la corrente di sinistra della magistratura, Magistratura democratica, e i “verdi” di Movimento per la giustizia. Da domani a domenica Area tiene il suo congresso a Cagliari, Albamonte si ripresenta per un secondo mandato da segretario.

Qual è il suo giudizio sulla legge delega di riforma del processo penale che oggi sarà definitivamente approvata dal parlamento?

È un giudizio differenziato. Alcune parti, soprattutto quelle relative al trattamento sanzionatorio, sono interessanti perché superano la centralità del carcere. E sono previste risorse lungamente attese, assunzioni di personale amministrativo, dotazioni informatiche e ho sentito con piacere dalla ministra anche un piano per le sedi giudiziarie: avere le aule dove svolgere le udienze è fondamentale per accelerare i tempi della giustizia.

Gli aspetti critici sono dunque quelli non affidati alla delega e immediatamente in vigore: la prescrizione.

Il tema dell’improcedibilità è un’occasione mancata, era il caso di fare scelte più coraggiose. Capisco che siano state impedite dai veti incrociati di cui ha parlato proprio martedì la ministra Cartabia, ma il processo non può essere ostaggio dei puntigli politici, dello scontro tra chi voleva mantenere in piedi il vessillo della prescrizione bloccata e chi voleva solo cancellare le decisioni di una maggioranza precedente. È venuto fuori una specie di papoccchio e il fatto di rinviarne per due anni la piena attuazione non risolve la questione. Semplicemente rimette tutto a un futuro ministro della giustizia che sarà in carica nel 2024. Ma il processo ha bisogno di regole chiare.

Erano preferibili le proposte che la commissione Lattanzi aveva presentato alla ministra?

Sicuramente. Si poteva tranquillamente ritornare alla prescrizione così come prevista dall’ex ministro Orlando.

Ma sono stati proprio molti magistrati in vista a rifiutare queste proposte originarie.

La magistratura ha tante voci, bisogna vedere quali sono quelle più consapevoli e coerenti con una logica di sistema e quali voci abbia invece ascoltato la ministra. Sono sicuro che nessuno di quelli che hanno contestato il ritorno alla Orlando possa essere contento di come è andata a finire. Anche per effetto delle sue prese di posizione.

Eugenio Albamonte

 

Qual è il difetto della “improcedibilità”?

Fissare un tempo limite entro il quale svolgere il processo in appello e in Cassazione, raggiunto il quale tutto quello che si è fatto fino a quel momento va al macero, è un’idea scorretta in sé. Pensare di risolvere questo errore concettuale scaricando la responsabilità sul giudice, che dovrebbe decidere sulle proroghe, è un secondo errore perché ne esaspera la responsabilità e apre tutta una serie di polemiche nel processo. Con la quasi certezza di aumentare i ricorsi e allungare di nuovo i tempi.

Dopo la riforma della procedura penale arriverà quella della procedura civile e in fondo la riforma del Csm. Secondo lei è un ordine di priorità corretto?

In realtà i finanziamenti del Pnrr sono collegati esclusivamente ai tempi del processo civile. Non ci sono richieste specifiche dell’Europa all’Italia per quanto riguarda il resto, il che non vuol dire che non sia importante intervenire sul processo penale. La mia preoccupazione però è che si arrivi in ritardo alla riforma del Csm, specie alla nuova legge elettorale. Tutti diciamo che la legge attuale ha prodotto una serie di guasti, tra i quali anche gli scandali dell’hotel Champagne, allora va cambiata. Un consiglio che venisse eletto con le vecchie regole dal mio punto di vista sarebbe delegittimato in partenza. E i tempi per fare una nuova legge sono ormai strettissimi, le elezioni per il Csm sono a luglio 2022.

Che significa fare un congresso come quello di Area nel momento in cui le correnti della magistratura conservano il loro, cito dal dibattito di ieri al senato, «vergognoso strapotere»?

Ci sono tutta una serie di concause che hanno determinato questo «vergognoso strapotere delle correnti»…

Lei condivide questo giudizio?

Condivido che le correnti abbiano esercitato un’influenza inaccettabile sull’autogoverno della magistratura. Ma le correnti non sono nate per fare questo, hanno deviato dal loro percorso e sono diventate, soprattutto alcune, centri di gestione del potere. Le condizioni perché questo accadesse, però, le hanno create anche leggi sbagliate. Penso all’introduzione del sistema delle carriere, previsto dalla riforma Castelli, e come ho già detto al sistema elettorale per il Csm riformato dallo stesso ministro. Ma anche alla dissennata scelta di cambiare, dalla sera alla mattina, l’età pensionabile dei magistrati portandola da 75 a 70 anni, visto che si sono dovuti coprire centinaia di posti rimasti scoperti tutti assieme. Decisione quest’ultima del governo Renzi.

La citazione sul «vergognoso strapotere» era proprio del senatore Renzi.

I due politici presenti all’hotel Campagne erano vicini a lui, l’avrà dimenticato.