Il coronavirus infetta i binari della Locomotiva d’Europa, pronta a ripartire dalla fase due ma solo in teoria. Nel primo trimestre di quest’anno l’economia tedesca è crollata fino a meno 2,2% del Pil, per il solo effetto delle prime due settimane di lockdown (peraltro parziale) in vigore da metà marzo.
Tecnicamente significa recessione: per il terzo trimestre consecutivo la Bundesrepublik fa registrare numeri negativi, mentre si stima che l’impatto dell’emergenza Covid-19 a fine dicembre raggiungerà meno 6,3% del Pil: il peggiore risultato dal 1970.
Lo ha annunciato ieri ufficialmente l’Istituto nazionale di statistica (Destatis) fotografando la condizione del made in Germany ridotto ai minimi termini.
Aggiungendo un grosso guaio all’enorme grana attualmente all’attenzione del ministro delle finanze Spd, Olaf Scholz, costretto a far quadrare il bilancio federale senza la stratosferica cifra di 81,5 miliardi di tasse mancanti rispetto al 2019; che poi diventano 98,6 miliardi in meno di quanto preventivato lo scorso novembre per governo federale, Land e comuni.

UN GIGANTESCO, spaventoso, incolmabile buco nero, proprio nel giorno in cui Berlino festeggia la riapertura di quasi tutto: da bar e ristoranti (ma solo dalle 6 alle 22) alla Bundesliga che oggi dalle 15.30 ricomincia con ben sei partite.
Mentre procede in parallelo la definizione dei dettagli per il riavvio del turismo da metà giugno, dopo il pre-accordo con Austria, Slovenia e Croazia per tenere aperte le frontiere attraversate dalla “rotta balneare” dei vacanzieri tedeschi. Esclusi dall’Italia considerata «terra di contagio» e indifferentemente appestata, con buona pace del Triveneto che paga il conto dell’ecatombe in Lombardia.
A ciò si aggiunge il piano di Berlino per “slucchettare” gli ultimi settori ancora chiusi, a partire dalle piscine pubbliche, sempre compatibilmente con la situazione sanitaria tenuta d’occhio in tempo reale.

MERITO NON DELL’APP che geolocalizza i positivi e individua i focolai ma del “Corona-Ampel”, il semaforo virtuale legato all’indice di contagio, che adesso è verde ma può diventare prima giallo e poi rosso se il valore Ro fissato dal Robert Koch Institut (l’ente governativo per le malattie infettive) supera la soglia di guardia.
Eppure, a sentire il ministro dell’economia Peter Altmeier (Cdu), uomo-ombra della cancelliera Angela Merkel, la contrazione del Pil è «destinata ad accelerare nel secondo quarto del 2020, nonostante i palpabili segnali di ripresa di maggio».
Anche perché, ricorda la rete dell’informazione pubblica Deutsche Welle, l’instabilità provocata dalla Brexit e dalla guerra commerciale tra Stati uniti e Cina mina il motore della Locomotiva: l’export di prodotti ad alto valore aggiunto.
Per questo il Gruppo Volkswagen due giorni fa ha annunciato di avere fermato temporaneamente le catene di montaggio dei modelli Golf e Tiguan, di cui magazzini e concessionari hanno raggiunto il punto di saturazione.
Per il colosso di Wolfsburg (controllato per un quarto dal Land della Bassa Sassonia) risulta inutile fabbricare automobili destinate a essere in gran parte invendute.

SENZA CONTARE la paralisi della filiera della componentistica – soprattutto italiana – che fa mancare i pezzi-chiave della produzione, e il bonus-rottamazione chiesto al governo Merkel di cui non si vede manco l’ombra.
Sono i «danni strutturali all’economia, ma anche alla società e alla politica» previsti a fine aprile dal presidente del Bundestag, Wolfgang Schäuble, ex falco sul totem del debito zero appena stracciato dal coronavirus. Oggi obbligato ad ammettere che «lo Stato non potrà sostenere a lungo il gettito mancante, anche se la sensazione generale è che gli aiuti illimitati stimoleranno la nostra economia a correre come prima».
Una dichiarazione di impotenza appesa al fattore tempo: «più a lungo durerà l’emergenza, minore sarà la nostra capacità di contrastare gli effetti della pandemia». Ma anche l’insinuazione del dubbio sull’ottimismo del ministro Scholz, ancora convinto che i 156 miliardi di euro stanziati fuori dal budget «potrebbero bastare se riusciremo a muovere la curva della produzione nella secondo quarto del 2020».