Due ricerche pubblicate sulla rivista Proceedings of the National Academies of Science dimostrano che bastano pochi geni per disegnare le coloratissime ali delle farfalle della famiglia Ninfalidi. Gli studi, firmati da due team statunitensi guidati da Robert Reed dell’università di Cornell e da Arnaud Martin della George Washington University, sono stati realizzati usando l’innovativa tecnica genetica Crispr/Cas9. Essa permette di individuare con grande precisione i geni da disattivare, riducendo di molto i tempi e i costi di esperimenti che coinvolgono modifiche genetiche a scopo sperimentale. Attivando e disattivando alcuni geni specifici, gli scienziati sono stati in grado di ridisegnare e colorare (o de-colorare) le ali delle farfalle. Per studiare l’effetto delle modificazioni genetiche in alcune specie di Ninfalidi, i ricercatori sono intervenuti su due soli geni, denominati «WntA» e «optix».

NEL PRIMO CASO, il team di Washington ha dimostrato che dal gene WntA dipende la forma dei disegni delle ali delle farfalle, ma con effetti assai variabili. I biologi hanno infatti disattivato il gene WntA in sette specie di farfalle generando effetti morfologicamente diversi sui disegni delle ali. Il risultato dimostra che l’evoluzione di una nuova specie non è necessariamente legata a una mutazione in un gene, ma alle molteplici funzioni che lo stesso gene può svolgere.
Nel secondo caso, Reed e i suoi colleghi hanno «spento» il gene «optix» presente in quattro specie di farfalle, ottenendo un risultato piuttosto spettacolare: senza quel gene, le ali delle farfalle perdono la colorazione e presentano gli stessi disegni delle specie naturali, ma in bianco e nero. In alcune specie, il grigio è sostituito da un blu iridescente.

OLTRE A CHIARIRE alcuni aspetti dell’evoluzione e degli spettacolari colori delle farfalle Ninfalidi, lo studio dimostra le potenzialità della tecnica Crispr/Cas9 come strumento di ricerca, un aspetto di questa rivoluzionaria tecnologia di cui si parla poco. Grazie a «Crispr», modificare il Dna è divenuto molto più rapido ed economico, perciò l’attenzione del pubblico e degli esperti si è concentrata sul rischio che questa biotecnologia venga presto utilizzata per far nascere bambini «disegnati» a tavolino dai genitori con l’aiuto dell’ingegneria genetica.
Sebbene gli aspetti bioetici siano davvero rilevanti, in realtà gran parte dei ricercatori stanno usando la tecnica Crispr come «utensile» di laboratorio. Essa infatti permette di attivare e disattivare regioni molto precise del Dna osservare gli effetti delle modifiche sullo sviluppo dell’individuo. In tal modo, gli scienziati possono risalire alla funzione dei geni e delle loro combinazioni. Più che per le temute applicazioni cliniche, è soprattutto per questo uso che la tecnica Crispr si è diffusa nei laboratori di tutto il mondo con grande rapidità. Scoperta nel 2012, oltre 2400 ricerche in ambito biomedico ne hanno fatto uso nel solo 2016.