Crescita rallentata per l’Italia, che rimane il fanalino di coda dell’Europa. Ieri l’Istat ha diffuso i dati sull’aumento del Pil del primo trimestre 2017: il prodotto interno lordo italiano ha registrato un +0,2% congiunturale (rispetto agli ultimi tre mesi del 2016) e un +0,8% tendenziale (cioè in rapporto allo stesso periodo dell’anno scorso). Cifre che per ora restano inferiori alle previsioni del governo, che sul Def presentato il 13 aprile scorso ha indicato un più ambizioso +1,1%.

Nello stesso periodo, ha aggiunto l’istituto di statistica, il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% in Germania, dello 0,3% in Francia e nel Regno Unito e dello 0,2% negli Stati Uniti. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,1% nel Regno Unito, dell’1,9% negli Stati Uniti, dell’1,7% in Germania e dello 0,8% in Francia.

Tutto questo mentre a Bruxelles i rigoristi tornano ad alzare la voce (soprattutto sul nostro debito pubblico), e si fa strada la richiesta del vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, che chiede a Roma, in sede di legge di bilancio 2018 ( da discutere entro la fine di quest’anno), una correzione da 10 miliardi di euro. Inoltre si rimprovera al nostro Paese di non aver fatto gli investimenti promessi nel 2016, quando si era ottenuto dall’Europa una flessibilità pari allo 0,25% sul deficit.

Secondo l’ufficio studi Confcommercio «la produttività stagnante, la prospettiva di un incremento dei tassi d’interesse, stante l’elevato debito pubblico, e l’importazione di impulsi inflazionistici, disegnano uno scenario per nulla rassicurante sia per la domanda interna sia per gli obiettivi di finanza pubblica con cui il Paese deve confrontarsi».

Ottimista la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo: «In prospettiva – spiega – confermiamo la nostra idea, suffragata dalla tendenza decisamente positiva evidenziata negli ultimi mesi dagli indici di fiducia delle imprese, che il Pil possa accelerare nel resto del 2017, ad almeno 0,3% trimestre su trimestre. Ciò suggerisce che i rischi sulla nostra stima di un Pil in crescita dell’1% nel 2017 siano ora verso l’alto».

Per Federconsumatori e Adusbef i dati confermano «l’urgenza di mettere in atto politiche per la ripresa occupazionale: si avrebbe così una crescita della domanda interna, un incremento della produzione e così nuova domanda occupazionale. Inoltre si deve evitare l’aumento dell’Iva».

Criticando le «politiche economiche, fiscali e di bilancio degli ultimi anni», la Cgil suggerisce una ricetta alternativa per la ripresa: «Redistribuire la ricchezza, aumentare i salari e creare lavoro, in particolare nel Mezzogiorno; rilanciare lo sviluppo con un nuovo intervento pubblico in economia fondato su importanti investimenti, ma anche su una programmazione negoziata a livello locale. In questo senso – conclude il sindacato – la Cgil continua a invocare la contrattazione territoriale ispirata dal Piano del Lavoro e dalla vertenza Laboratorio Sud».