Nel 2015, dopo sette Rocky e a quasi quarant’anni dalla nascita dello stallone italiano di Filadelfia, con dolcezza e intuito sublimi, Sylvester Stallone depositò la sua franchise personale tra le braccia di un giovane regista afroamericano che aveva al suo attivo solo un film indipendente e personalissimo, ispirato da un omicidio della polizia alla stazione della metropolitana di Oakland, Fruitvale Station. Ryan Coogler non tradì la fiducia di Sly, rilanciando per le nuove generazioni l’ammaccata ma intramontabile saga pugilistica, nello spirito di lirica blue collar del suo fondatore. Al suo cuore, non un nuovo campione italoamericano, ma il figlio del...