Sui numeri delle terapie intensive è scontro tra il super commissario Covid Domenico Arcuri e i medici ospedalieri. «Non c’è pressione sulle rianimazioni», spiega Arcuri. «A marzo avevamo circa 5000 posti in intensiva e siamo arrivati a 7mila pazienti. Oggi abbiamo circa 10mila posti e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese. Per un totale ad oggi di 3400 ricoverati in rianimazione».

Parole che non convincono Carlo Palermo, che guida il sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed: «I posti di terapia intensiva disponibili in Italia oggi sono 7500. Di questi circa il 60% è occupato da malati gravissimi non Covid. La soglia del 30%, indicata come livello di allarme, di posti letto di rianimazione dedicati al Covid è di circa 2300, mentre i pazienti sono già oltre 3400». Dura la stoccata al super commissario: «Quando si parla di 11mila posti si deve specificare che 3.500 sono solo sulla carta e comunque manca il personale per assistere i ricoverati».

SE I MESSAGGI CHE ARRIVANO da Arcuri e dal ministro della Salute Speranza tendono a rassicurare («La curva dei contagi si va stabilizzando»), la giungla dei divieti e dei colori nelle regioni si fa sempre più intricata. E così l’Abruzzo- che è zona arancione- ha deciso in autonomia che da domani sarà zona rossa. Ma le scuole resteranno aperte.

Mentre in Basilicata, che pure è zona arancione dall’11 novembre, da oggi chiudono fino al 3 dicembre tutte le scuole, comprese le elementari. Anche la Valle d’Aosta, che è già zona rossa, oggi decide se chiudere tutte le scuole. Una stretta ancora più forte di quella prevista dal governo, visto che fino alla prima media per le zone rosse è prevista la didattica in presenza.

UN’ITALIA SEMPRE PIÙ a macchia di leopardo, dove neppure la già complicata divisione in tre colori riesce a fotografare la miriade di regole. «Il governo è con noi», spiega il governatore dell’Abruzzo Marco Marsilio (Fdi).«Potevamo aspettare fino a venerdì e far decidere il governo, ma abbiamo prima pensato alla salute dei cittadini». Sulle scuole «l’attuale disciplina di legge non consentirebbe alle famiglie di affrontare la chiusura totale».

Oggi ci sarà una riunione della conferenza delle regioni, chiesta dal presidente del Friuli Massimiliano Fedriga (Lega) in protesta perché il governo ha assegnato al Fvg la zona arancione «senza consultarci». I presidenti discuteranno dei criteri per le valutazioni dei colori, che hanno già creato tante polemiche. «Finalmente ci confronteremo sui criteri applicati dal Comitato tecnico scientifico», attacca Fedriga. «E’ un atto dovuto per chiarezza nei confronti dei cittadini e delle imprese».

LOMBARDIA E PIEMONTE, dopo una decina di giorni di zona rossa, sono in pressing sul governo per allentare le restrizioni, cosa che potrebbe accadere venerdì se i dati lo consentiranno. Il presidente della Toscana Eugenio Giani spera: «Riportare la Toscana in zona gialla a Natale è il mio obiettivo, ma risalire è dura».

I dati di ieri, come ogni lunedì, segnano un calo dei tamponi e dunque dei contagi: su 152.663 test (circa 40mila in meno del giorno prima) si sono registrati 27.354 positivi (504 le vittime). La percentuale di positivi rispetto ai test sale al 17,9%, superiore a quella di domenica che era al 17,4%; 70 i nuovi pazienti in terapia intensiva, un dato abbastanza in linea con gli ultimi giorni.

IL TAR DEL LAZIO ha bocciato ieri l’utilizzo dei medici di famiglia per l’assistenza domiciliare dei pazienti Covid. Accogliendo un ricorso proposto dal sindacato dei medici italiani, il Tribunale ha stabilito che la cura nelle case non tocca ai medici di base, pena distoglierli dai loro compiti di «assistenza ordinaria di tanti pazienti non Covid».

Secondo il Tar la competenza è delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Uscar). La Regione guidata da Nicola Zingaretti annuncia ricorso al consiglio di Stato: «Con il solo personale Uscar non si garantisce un’adeguata assistenza ai malati nelle case», attacca l’assessore D’Amato.

Sul fronte Natale, Speranza definisce lunare «discuterne adesso». Il governo deciderà il 3 dicembre, alla scadenza dell’attuale Dcpm e sulla base dei dati. Allo studio anche la possibilità di uscire dalle zone rosse pere raggiungere le famiglie. «I prossimi 7-10 giorni saranno decisivi», spiega Speranza. Ma i tecnici raccomandano «prudenza e sobrietà».