Ieri sono stati registrati in Italia 53 decessi per Covid e 379 nuovi casi positivi. Mentre il numero dei morti segna un calo rispetto agli ultimi giorni (69 decessi in media nell’ultima settimana) i nuovi casi positivi sono in forte aumento. Il balzo della Lombardia, con 252 casi, è quello più evidente. La crescita non dipende da un’accelerazione del contagio ma dal maggior numero di tamponi: nella regione ne sono stati effettuati circa 13 mila e, come spesso avviene, 1 su 50 è risultato positivo. Dunque, il bollettino quotidiano rispecchia la volontà di inseguire i residui focolai da parte delle autorità sanitarie lombarde, più che l’evoluzione del virus. La reale dimensione dell’epidemia nella regione continua ad essere un mistero.

I saliscendi dei tamponi non sembrano casuali, come nota il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta. «Esaminando il periodo 23 aprile-10 giugno, il trend dei tamponi totali risulta in picchiata libera nelle ultime due settimane», spiega sottolineando un calo complessivo del 12,6% nel numero totale dei tamponi effettuati. La fondazione aveva già accusato la Lombardia di “magheggi” sui dati allo scopo di minimizzare il contagio e non dover ritardare la riapertura della regione.

L’ANDAMENTO DEI TEST, se si escludono quelli necessari a monitorare l’evoluzione di casi già noti, è ancora più sospetto. «Il numero dei tamponi diagnostici, finalizzati all’identificazione di nuovi casi, è calato drasticamente alla vigilia delle due riaperture del Paese del 4 maggio e del 3 giugno», denuncia Cartabellotta. Secondo lo studio Gimbe, nella settimana precedente il 3 maggio i tamponi diagnostici sono calati del 20,7%. La stessa cosa è accaduta prima del 3 giugno, quando è stata ripristinata la mobilità interregionale e, guarda caso, in Lombardia i tamponi diagnostici sono di nuovo diminuiti del 18,1%. Passate le scadenze, il numero di tamponi è puntualmente risalito.

«L’attività di testing», conclude Cartabellotta, «continua a non essere una priorità per molte Regioni: purtroppo, nella gestione di questa fase dell’epidemia, in particolare dove la diffusione del virus non sembra dare tregua, la strategia delle 3T (tracciamento-test-terapie, ndr) non è adeguata».

INTENZIONALE O NO, l’opacità dei dati sul contagio nella Regione Lombardia è sempre più incomprensibile. Anche il sindaco di Bergamo Giorgio Gori (Pd) ieri ha denunciato l’impossibilità di conoscere il numero dei decessi nelle province lombarde. «Da quando abbiamo segnalato che i decessi reali erano molti di più di quelli ‘ufficiali’, hanno secretato i dati per provincia», ha twittato Gori. La risposta di Fontana non si è fatta attendere: «La diffusione dei dati relativi al coronavirus da parte della regione Lombardia verso le autorità sanitarie e verso i mezzi di informazione non è cambiata», scrive una nota della regione. La toppa però è peggio del buco. Infatti la Regione non ha avuto bisogno di secretare nulla perché quei dati sui decessi non sono mai stati pubblicati. «Dite voi se è normale che questi dati non vengano normalmente comunicati, e se ancora oggi i sindaci lombardi siano del tutto all’oscuro sul numero dei positivi dei loro comuni», ha replicato Gori sempre su twitter. Se non altro, fino al 24 aprile era possibile ricavarli a partire da una mappa regionale che inavvertitamente pubblicava in chiaro la banca dati da cui estraeva i numeri. Quando la Regione si era accorta dell’errore, banca dati e mappa sono sparite.

«Senza sapere nemmeno quante siano le persone attualmente malate in provincia, diventa difficile programmare un piano di rilancio per il territorio» lamentano al comune di Bergamo. Visto che la regione non collabora, il comune ha deciso di far da sé. Per capire lo stato di salute della città, a partire dal 15 giugno il comune effettuerà 50 mila test sierologici gratuitamente su altrettanti residenti. Il comune si è impegnato a farsi carico anche dei tamponi per i casi positivi, stimati al 40% della popolazione. I test basteranno per coprire quasi interamente la fascia di residenti tra i 18 e i 64 anni di età, circa 60 mila persone. Si tratta dell’indagine a tappeto più estesa realizzata finora in un comune italiano.