I 1494 nuovi casi positivi al coronavirus registrati ieri rappresentano un calo in termini assoluti rispetto ai giorni precedenti, in cui si era sfiorata quota duemila. Ma come avviene regolarmente, il dato del lunedì risente della minore attività diagnostica: tra domenica e lunedì sono stati eseguiti infatti solo 51 mila tamponi, la metà rispetto a un normale giorno feriale. Altri numeri forniscono un quadro più realistico della situazione. Ieri ci sono stati 16 decessi e la media settimanale è vicina a 18 morti al giorno: raddoppiata in due settimane. Anche ieri c’è stato un aumento dei pazienti in terapia intensiva e ora sono 264. Nel complesso, le persone ricoverate sono 2241, cioè 141 in più nelle ultime 24 ore.

RISPETTO ALLO “TSUNAMI” di marzo, l’epidemia ha spostato il suo baricentro verso sud. Anche ieri le regioni con il maggior numero di nuovi casi sono state la Campania e il Lazio, con 295 e 211 casi rispettivamente, davanti a Veneto e Lombardia. Il Lazio e la Campania sono anche le regioni con il più alto numero di ricoverati: 681 nel Lazio, 442 in Campania. Se la tendenza all’aumento dei casi dovesse confermarsi e l’epidemia tornasse a colpire fasce di età avanzata della popolazione, la pressione sugli ospedali potrebbe salire oltre la soglia di sicurezza in aree mediamente meno attrezzate rispetto al nord. A quel punto, nuovi provvedimenti di limitazione degli spostamenti sarebbero inevitabili.

Gli ospedali stavolta non dovrebbero farsi trovare impreparati. Rispetto all’inizio della pandemia, il numero di posti letto in terapia intensiva è stato aumentato in tutta Italia. Dati aggiornati non ce ne sono, ma secondo il censimento dell’associazione di medici Anaao-Assomed effettuato in aprile, quando la necessità di terapie intensive aveva toccato il suo picco con oltre quattromila ricoverati, i posti letto in terapia intensiva in Italia sono oggi oltre settemila. Sulla base di quei dati, si può stimare il tasso di occupazione delle terapie intensive regione per regione. E scopriamo che quelle attualmente più in difficoltà sono Sardegna e Liguria, con circa dieci posti letto ogni cento occupati da pazienti Covid nei reparti di rianimazione.

NEL LAZIO, CAMPANIA e Puglia la capienza complessiva delle terapie intensive è salita a 1600 posti e i pazienti Covid ne occupano il 5%. Al nord, oltre alla Liguria solo il Friuli ha un tasso di occupazione al di sopra della media nazionale.

«Sebbene non siano ancora presenti segnali di sovraccarico dei servizi sanitari assistenziali – si legge nell’ultimo rapporto sull’epidemia firmato da Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità – la tendenza osservata potrebbe riflettersi a breve tempo in un maggiore impegno». Non serve infatti arrivare al cento per cento per mandare il sistema in crisi. I tagli e le riforme della sanità approvate dal governo Monti in poi hanno imposto alle Regioni che interventi chirurgici programmati e altre emergenze pre-esistenti al Covid riempiano le terapie intensive all’80% della capienza. Dunque, basta che i pazienti Covid raggiungano il 20% della capienza totale dei reparti di rianimazione per costringere gli ospedali a rimandare le terapie o a rifiutare pazienti che hanno bisogno di cure urgenti, amplificando così la ricaduta sanitaria del Covid.

PER QUESTO ORA SI PENSA a rafforzare soprattutto la rete ospedaliera del sud. «La Sicilia è passata da 418 posti di terapia intensiva prima del Covid a 699 oggi», ha rivendicato ieri a Trapani il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Francesco Boccia. Anche l’assessore del Lazio Alessio D’Amato ha illustrato i progressi della sua regione: «È stata rimodulata la rete ospedaliera per un totale di 1.127 posti letto, dei quali 866 di ricovero ordinario e 261 di terapia intensiva e semi-intensiva».

«Sassari sta raddoppiando i posti letto sia di degenza ordinaria che di rianimazione – gli fa eco il collega sardo Mario Nieddu – La terapia intensiva ne avrà altri sei e lo stesso succederà a Nuoro». Anche a Cagliari, «l’ospedale Santissima Trinità Is Mirrionis ha la possibilità di raddoppiarli, d’altra parte era già accaduto nella prima fase dell’emergenza». In Campania, gli ospedali di Frattamaggiore e Pozzuoli riattivano i reparti di isolamento Covid realizzati a tempo di record ma inattivi da giugno. La vera diga contro la seconda ondata sarà però la medicina territoriale, capace di circoscrivere i nuovi focolai e di assistere a domicilio i pazienti. Senza di essa, insegna l’esperienza lombarda, nessun ospedale può reggere l’urto di un nuovo tsunami.