Due visite al Quirinale, la prima di buon mattino e la seconda nel pomeriggio, non sono servite e Carlo Cottarelli a sciogliere la riserva. La lista dei ministri del governo «del presidente» è adesso pronta, ma nel frattempo il precipitoso dietrofront di Di Maio da tutte le condizioni precedentemente «irrinunciabili» ha riaperto spazi al governo «politico» di Lega e M5S. «Sono emerse nuove possibilità», ha spiegato dopo il primo incontro del mattino il professore, arruolato da Mattarella per una soluzione rapida della crisi ormai tre giorni fa. «Diamo più tempo alle forze politiche, non forziamo», hanno spiegato dal Quirinale dopo il secondo incontro della giornata con il presidente del Consiglio incaricato. Chiudendo con un’altra parentesi l’ottantasettesimo giorno di crisi.

La nuova frenata a Cottarelli si spiega con il fatto che l’araba fenice giallo-verde – bruciata il 27 maggio dallo stop del Quirinale a Savona e dai successivi annunci grillini di impeachment – rappresenterebbe un bel sollievo non solo per Di Maio. Anche per il presidente della Repubblica la prospettiva di veder crollare il «suo» governo tecnico in 48 ore con l’onta di un numero minimo di voti di fiducia è pessima. Sarebbe un altro colpo all’istituzione presidenziale. E lo costringerebbe a convocare le elezioni in piena estate. O in autunno, ma in questo caso prestandosi all’accusa di tenere in piedi un governo sfiduciato e dimissionario. L’alternativa di Di Maio è anche più drammatica, o parte il governo Lega-M5S o si interrompe la sua carriera politica. Proprio le speranze convergenti del Quirinale e del capo politico grillino, entrambe affidate adesso nelle mani di Salvini, hanno costretto Cottarelli e la sua lista a un nuovo giorno di anticamera.
I conti parlamentari del resto sono impietosi. Al Quirinale hanno notato come nel dibattito sul governo provocato dai 5 Stelle martedì, durante la discussione del decreto Alitalia in senato, nessuno si sia alzato a dire mezza parola in difesa del governo «del presidente». Nel caso dovesse sciogliere positivamente la riserva per mancanza di alternative, Cottarelli dovrebbe iniziare chiedendo la fiducia proprio al senato. Dove i calcoli più ottimistici prevedono un massimo di quattordici voti favorevoli al governo, raccattati tra il gruppo delle autonomie, i senatori a vita, gli eletti all’estero ed Emma Bonino. Stesso scenario da incubo alla camera, dove si potrebbe arrivare al massimo a 20 sì.

Nemmeno l’estremo appello del Quirinale ha convinto il Pd a passare dall’astensione «in appoggio» al voto favorevole. Molto forti le resistenze dei renziani. Anche la dichiarata intenzione dei leghisti di «non ostacolare» una soluzione di emergenza, qual è quella del governo Cottarelli, per evitare di andare al voto in piena estate, non potrà tradursi in astensione. Perché la resistenza dei 5 Stelle sul voto contrario – che nemmeno Mattarella è riuscito a vincere nell’incontro «informale» di ieri al Quirinale con Di Maio – fa cadere tutte le alternative tattiche. Non solo nessuno può accettare di regalare ai grillini la comoda posizione di unici oppositori del governo tecnico, ma anche le astensioni diventerebbero inutili di fronte ai 109 no dei senatori 5 Stelle.

Cottarelli ieri ha ricevuto anche un primo elogio da Di Maio, che nella sua retromarcia si sta avvicinando ai giorni in cui elogiava il professore e le sue ricette: gli ha riconosciuto «umiltà». L’ex commissario alla spending review sta già svolgendo la sua missione, la sua lista dei ministri – «pronta» ma ignota – è servita a rimettere in moto la trattativa a tre M5S-Lega-Quirinale. Solo se Salvini decidesse di farla fallire si tornerebbe a parlare degli altri possibili compiti di Cottarelli. Come l’anticipo al luglio delle misure per sterilizzare l’aumento dell’Iva. Intervento necessario, eppure molto al di là dell’orizzonte di un governo sfiduciato e dimissionario.