Era l’11 febbraio 2022 quando la legge costituzionale n. 1/2022 modificava l’art. 9 della Costituzione, introducendo un principio fondamentale: la Repubblica, anche nell’interesse delle future generazioni, tutela l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi e gli animali. Principio rafforzato dalla modifica dell’art. 41 che ha posto l’ambiente quale parametro di riferimento dell’attività economica, sia pubblica che privata.

Un momento storico che, confermando quanto la giurisprudenza ordinaria e la Corte costituzionale avevano affermato da tempo, aveva riempito di speranza chi si batte per la tutela dell’ambiente della natura. Ma a poco meno di due anni, cosa sta producendo concretamente questa riforma?

Proprio ieri, nel convegno Costituzione e animali selvatici, organizzato da Lav e Wwf Italia alla Camera dei deputati, un gruppo di operatori del diritto si sono confrontati sul tema, partendo dalla tutela della fauna. Nei 22 mesi trascorsi dalla riforma, il Governo e il Parlamento, che pure ne era stato l’autore, hanno approvato una serie di provvedimenti che si pongono in aperto contrasto con i nuovi principi costituzionali. Dal cosiddetto emendamento «caccia selvaggia» che nella Legge Finanziaria dello scorso anno ha consentito la caccia a tutte le specie (anche quelle protette), ovunque (compresi parchi cittadini e aree protette) e tutto l’anno (al di fuori di qualsiasi calendario venatorio), alla ricostituzione filo-caccia del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale con conseguente marginalizzazione dell’Ispra e fino alla legge di conversione del DL «Asset» con norme finalizzate a rendere più difficile nei tribunali amministrativi la difesa della fauna, si è messo in atto un progressivo smantellamento di alcuni pilastri della protezione degli animali selvatici con gravi ripercussioni anche su salute umana e sicurezza pubblica.

Una dinamica del tutto simile a quella riscontrabile in numerose misure regionali, a partire dai provvedimenti di abbattimento di lupi e orsi, dall’approvazione di calendari venatori illegittimi o dalla deregulation dei controlli sui richiami vivi. Un atteggiamento che ha destato la preoccupazione della Commissione europea che ha attivato, nel solo 2023, ben due procedure EU Pilot contro l’Italia, entrambe per violazioni di norme sovranazionali in tema di tutela della fauna selvatica.
E all’orizzonte si profilano ulteriori pericoli, primo fra tutti l’autonomia regionale differenziata che rischia di accentuare la tendenza delle Regioni a occuparsi della materia ambientale in maniera disomogenea e parcellizzata, assecondando istanze e pulsioni di gruppi d’interesse.

In questo contesto è necessario riflettere sugli strumenti di cui il Paese dispone e sulla loro efficacia a garantire il rispetto dei principi costituzionali: non ci si potrà limitare a denunciare le criticità, ma si dovrà essere in grado di portare davanti alla magistratura normative e provvedimenti che contrastano con il dettato della Costituzione e di stimolare l’attivazione di processi propositivi.