Un quindicenne Lorenzo de’ Medici scriveva nel 1464: «Ha stabilito le nostre faccende in fondamenti così stabili che potremmo dire non è morto, anzi in qualche modo non morirà». Lorenzo era ancora un adolescente, ma, in quel messaggio fra i molti di cordoglio per la morte del nonno Cosimo, esprimeva in modo tanto conciso quanto efficace l’importanza dell’avo appena scomparso. Le «faccende» alle quali Cosimo de’ Medici aveva conferito stabilità erano due: il Banco, dunque le ricchezze e le attività economiche della famiglia, e poi il governo di Firenze, sul quale Cosimo aveva saputo stendere una rete di controllo che, pur senza abolire com’era avvenuto altrove in Italia le istituzioni repubblicane, aveva fatto sì che in esse si insediassero stabilmente uomini fedeli ai Medici.

IL BIGLIETTO DI CORDOGLIO è richiamato da Lorenzo Tanzini al termine della sua biografia proprio dedicata a Cosimo de’ Medici (Salerno editrice, pp. 374, euro 25). Si tratta di un lavoro lineare, che dopo una introduzione di taglio storiografico e metodologico, in un dialogo serrato con le fonti primarie segue la vicenda di Cosimo dalla nascita nel 1389 alla morte avvenuta appunto nel 1464, il 1° agosto. È un arco cronologico lungo, che parte dall’indomani della crisi economica e pandemica, e si sviluppa nella fase della lenta ricomposizione che vede cambiare molti degli assetti istituzionali in Italia e non solo.

Afferma infatti Tanzini al principio del libro che la storia di Lorenzo il Magnifico è più nota e il suo personaggio talmente sovrastante rispetto agli altri suoi contemporanei da renderne la biografia quasi un esercizio di stile; per contro il personaggio di Cosimo, con i suoi chiaroscuro e la lenta ascesa, si trasforma immediatamente in un’epopea della città di Firenze, che non era poi all’epoca una città qualsiasi, ma un epicentro di interessi che si diramavano in Europa e nel Mediterraneo.

Con Cosimo, assistiamo all’ascesa della famiglia che approfitta del vuoto creato dalla crisi di metà Trecento; inizialmente egli dovette affrontare la reazione a tale ascesa, ossia l’inimicizia delle grandi famiglie patrizie cittadine quali gli Strozzi, i Capponi, gli Albizzi, che riuscirono addirittura a farlo esiliare da Firenze. Tuttavia, rifugiatosi a Venezia dove operava una florida filiale della sua banca e dove contava amicizie influenti a partire dallo stesso doge Francesco Foscari, poté curare i suoi interessi bancari e rafforzare la sua rete di amicizie italiane ed europee, che includevano anche molti personaggi della Curia pontificia, nonché i re di Francia e d’Inghilterra che stavano proprio allora uscendo dai disastri della guerra dei Cent’Anni.

NEL 1434 LA SUA FORTUNA era ristabilita ed egli poté rientrare nella sua città, dalla quale vennero al contrario espulsi i suoi avversari a capo dei quali erano Rinaldo degli Albizzi e Palla Strozzi. Da allora e per un trentennio Cosimo fu il padrone assoluto della politica fiorentina, che resse come un regista nemmeno tanto occulto, e con uno stretto intreccio fra finanza privata e affari pubblici: tema al quale Tanzini dedica un capitolo centrale.

COSIMO, nel suo ruolo di mecenate, poté trarre vantaggio dal nuovo volto che Firenze era andata assumendo fin dal secolo precedente e che egli tuttavia contribuì a perfezionare, dandole dignità di grande capitale; è un tema sul quale peraltro molto è stato scritto e che qui fa da sfondo o da contorno a una biografia che resta soprattutto dedicata alla politica, all’economia, alla società, e che certamente mancava fra gli studi dedicati al grande casato fiorentino.