Cosa sia l’arte contemporanea, la sua sostanza e la sua anima, i suoi meccanismi e le sue debolezze, le sue apparizioni e il suo valore commerciale, oltre che sociologico: tutte domande che potrebbero rimanere stritolate in un dibattito teorico o salottiero. Leonardo Manzan, giovane teatrante nel ruolo di interprete e regista, costruisce attorno a questi interrogativi una sorta di dibattito a tesi che si rivela un vero spettacolo, a tratti quasi «minaccioso», in realtà divertente grazie proprio alla sua teatralità, che non manca di sbugiardare sorridendo diversi luoghi comuni sul rapporto tra lo spettatore e il palcoscenico (che in quella sala dell’India neanche c’è, facilitando una curiosa osmosi di ruolo tra interpreti e spettatori).

TITOLO della performance programmatico: Uno spettacolo di Leonardo Manzan. Non solo ironia parapubblicitaria, ma forse anche sensazione, da parte dell’artista, di sentirsi lui stesso «opera d’arte», mostrandosi per l’intera durata dello spettacolo nudo in scena, in primo piano, come una classica statua in esposizione. Il sonoro della rappresentazione viene udito in cuffia dal pubblico, ammaestrato a seguirlo (e a un tratto anche a parteciparvi) fisicamente in prima persona. Lui sta lì esposto su un apposito basamento, mentre nelle orecchie arrivano le sue considerazioni e i suoi ragionamenti sull’opera d’arte oggi, il suo mercato, le sue regole.

COME L’ARTE possa nascere, progettare, prendere corpo e valere sul mercato: tutta una sociologia autoironica e anche divertente, che coinvolge il pubblico, che non lesina la propria partecipazione anche nel trasgredire i precetti civici della sala teatrale, accendendo in massa la propria sigaretta. Manzan, che ha coronato la sua formazione alla Biennale College di Latella, è al suo terzo spettacolo: nel primo mostrava da un candido muraglione gommoso tutte le possibili infrazioni alla morale giovanile corrente; nel secondo rovesciava l’amore infelice di Cyrano in una colpa da espiare; ora esponendo come unica possibilità artistica la propria nudità raggiunge una sorta di grado zero della sua esplorazione, teorica e non solo, per di più spingendo i suoi spettatori a prenderne in prima persona coscienza.
Tre spettacoli come buoni esercizi preparatori: si aspetta ora che passi, in qualche modo, alla «pratica»: ha tutti gli strumenti, e lo spirito e il coraggio, per porre al pubblico domande imbarazzanti e coinvolgenti, se non crudeli. Ora deve conquistarlo mostrando la forza possibile di un’arte che attorno a lui può apparire sempre più spesso sonnolenta o svagata.