Arriva dalla Svizzera ma è davvero universale la bagarre a doppio e triplo senso della shakespeariana Bisbetica domata (ancora oggi e domani in scena) tutta interpretata da attori maschi, nella migliore tradizione elisabettiana (come quella, qualche anno fa, realizzata da Andrea Taddei). Ora è la ticinese LuganoInScena diretta da Carmelo Rifici a produrre questa indiavolata versione. Dove la regia di Andrea Chiodi (nell’adattamento di Angela Demattè) imprime non solo un ritmo scoppiettante, ma ne svela, tra un sorriso e l’altro, la inquietante amarezza di situazioni e di necessità. Sulla scena apparentemente spoglia ma assai funzionale di Matteo Patrucco, tra carrelli e scalette mossi a vista, il gruppo di attori vestiti di un nero rinascimental/operativo, movimenta il prologo pastorale della narrazione, per poi scatenarsi nei ruoli che portano la riottosa Caterina, vero caso umano di cosmica insofferenza, a essere prima bersaglio di una sorta di scommessa maschile, e quindi vittima predestinata ad esser «domata» dal rude e poco elegante Petruccio.

IN REALTÀ, proprio quel trascorrere tra gli attori di ruoli e identità sessuali, rende chiaro man mano lo scontro vero e profondo tra forme di potere, e la collisione tra apparenze, educazioni, e consapevolezza. Perno e forza risolutrice della vicenda è ovviamente lei, Caterina la Bisbetica.

CUI Tindaro Granata (in un contesto attoriale di livello sicuramente elevato) senza trucchi posticci, fa ben tessere, e riporre quando serve, quella trama di consuetudini e valori e obblighi del tradizionale ordine delle cose, e dei rapporti e delle gerarchie. Anche nel momento supremo dell’accettazione e quindi della sottomissione a quel matrimonio imposto e forzato, in cui mostra di ben padroneggiare il proprio libero arbitrio. Irresistibili tutti.