Per gli amanti del teatro d’opera, lo scorso sabato 23 gennaio è stato un giorno importante. Di rinascita, verrebbe da dire, se questa locuzione non fosse già stata usata spesso nei mesi scorsi, ogni volta per propiziare un futuro di riapertura dei teatri che non è mai arrivato e per esorcizzare l’imbarazzo e la rabbia per un presente di abbandono nel quale l’intero settore dello spettacolo dal vivo è stato lasciato da un governo e da un ministro colpevolmente indifferenti. Dicevo: un giorno importante. Per due ragioni.

LA PRIMA RAGIONE è che il più importante teatro d’opera italiano, il Teatro alla Scala di Milano, dopo quasi un anno di paralisi parziale, in cui ha atteso con trepidazione la riapertura, che per il poco che è durata è stata affrontata dando opere in forma di concerto (La traviata e Aida) oltreché concerti e recital, ha finalmente allestito in forma scenica un’opera per la trasmissione in diretta streaming curata da RaiCultura. Abbiamo potuto godere, di Così fan tutte di Mozart, nel delizioso allestimento storico con regia di Michael Hampe e scene di Mauro Pagano che debuttò nel 1982. La bacchetta di Giovanni Antonini ha messo in prospettiva la partitura sottolineandone i debiti con la tradizione barocca e con il teatro napoletano del Settecento piuttosto che, come è ormai di prassi, con la coeva cultura preromantica. Il risultato è una gemma musicale che risplende senza accecare, seducendo senza soverchiare. Il merito è anche dell’ottimo cast di cantanti formato da Bogdan Volkov, Alessio Arduini, Federica Guida, Pietro Spagnoli, Emily d’Angelo e sopra tutti Eleonora Buratto, una debuttante Fiordiligi che per omogeneità d’emissione e malinconica intensità ricorda quella leggendaria della Caballé diretta da Colin Davis. La seconda ragione è che un ente locale più giovane ma altrettanto agguerrito, la Fondazione Rete Lirica delle Marche, nata nel 2018 e fermatasi anche lei quasi un anno fa mentre stava per portare in scena L’italiana in Algeri di Rossini, riparte con un progetto originale: Tempo ritrovato, videopoema musicale scritto e diretto da Cecilia Ligorio e Benedetto Sicca da un’idea di Luciano Messi e della stessa Ligorio, con la drammaturgia musicale di Chiara Mallozzi e agli strumenti gli ensemble cameristici della Filarmonica Marchigiana e dell’Orchestra Rossini.

UN MEDIOMETRAGGIO che racconta di un ragazzo (Simone Tangolo) alle prese con la quotidianità vuota e sfinita del lockdown, alla cui forza annientante reagisce cercando compagnia e bellezza nell’arte: così, addormentatosi sulle note struggenti di Morricone che accompagnano C’era una volta in America di Leone (palinsesto della proustiana Ricerca del tempo perduto, del cui ultimo volume il video porta il titolo), la sua mente in sogno viaggia attraverso le musiche del cuore, quelle che non ha più potuto ascoltare dal vivo (Carmen di Bizet, L’Italiana di Rossini, Le nozze di Figaro di Mozart, Rinaldo di Händel), fino al liberatorio Hallelujah di Cohen finale. Questo piccolo ma grande film trova così un linguaggio che, mentre si libera dell’ossessione di surrogare gli spettacoli dal vivo con testimonianze video «morte» per la mancata compresenza fisica di performer e pubblico, ci aiuta a elaborare proprio quell’assenza ricordandoci che l’opera, come il sogno per Freud, è un potentissimo veicolo di rappresentazione dei nostri desideri liberati e che il desiderio chiama a sé sempre nuovi linguaggi, che chi amministra e produce ha il compito di cercare, elaborare e offrire al pubblico, anche anticipandone i bisogni.