[ACM_2]«Abbiamo pazientato fino all’ultimo: io stesso ho detto agli altri sindaci, vediamo se si riesce a cambiare il provvedimento nelle battute finali. Ma adesso basta, con la fiducia si confermano tagli pesantissimi, e dall’interlocuzione passiamo allo scontro». Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia è netto: il governo ha passato la misura e non solo è complicato far quadrare i conti quest’anno, ma si rischia un 2014 ancora più fuori bilancio, con forbici impietose sui servizi sociali: «E a pagare saranno sempre i più deboli».

Quindi siete all’allarme rosso: il governo Letta vi sta togliendo le risorse essenziali. Come farete?

Il governo non ha mantenuto due promesse che ci aveva fatto. Non operare ulteriori tagli, dopo quelli già molto onerosi che abbiamo subito negli ultimi anni. E, soprattutto, concordare con noi le politiche fiscali che ci riguardano. Invece è arrivata una gragnuola di tagli, non sappiamo veramente come fare. A causa di queste riduzioni caricate sulle spalle dei Comuni, Milano ha perso circa 800 milioni di euro negli ultimi 3 anni. E va tenuto conto che il nostro bilancio è di due miliardi annuali, gran parte dei quali però sono costi insopprimibili, dal personale ai trasporti. Quindi quando ti sottraggono le risorse, ti dicono praticamente di tagliare i servizi per i cittadini, dalla scuola all’assistenza, alla cultura.

Può farmi anche solo un esempio di un servizio a cui tiene particolarmente, che con dolore ha dovuto tagliare?

Esempi ce ne sarebbero tanti, ma cito l’assistenza ai disabili, e gli scuolabus per i bambini. Due servizi delicati, perché riguardano due parti della popolazione che mi sento in dovere di tutelare, e che il pubblico non può trascurare. E invece nulla, devo fare i salti mortali per tenere tutto, ma temo che questa volta non ce la faremo ad assicurare i servizi che abbiamo sempre erogato.

Tra l’altro la beffa è che il 24 gennaio i cittadini dovranno comunque pagare una «mini-Imu» per il 2013, visto che il governo non è riuscito a cancellarla tutta. A Milano cosa significa, in cifre?

Sono 44 milioni di euro che purtroppo i milanesi dovranno pagare a gennaio per le scelte del governo. Stiamo valutando in queste ore di stanziare 6 milioni di euro per esentare i cittadini di fascia bassa, così come abbiamo fatto con l’Irpef. Il nostro faro resta sempre l’equità, cercare di far pagare solo chi può: principio che con l’Imu avrebbe dovuto rispettare anche il governo. Cosa che stride ancora di più se si pensa che nella maggioranza c’è il Pd.

E invece è stato tagliato a tutti. Ma si doveva pur pagare un prezzo alle «larghe intese», o no? Pensa che questo governo non avrebbe mai dovuto formarsi, o che oggi Letta è meglio che torni a casa e si vada subito a votare?

So che forse dopo le ultime elezioni non c’era alternativa, ma allora – e io lo dissi subito – sarebbe stato meglio fare un governo di scopo, con pochi obiettivi chiari da portare a termine: il lavoro e le sue emergenze, la legge elettorale. Oggi certamente questo governo ha un senso se decide una svolta a favore dei più deboli, se non tartassa i comuni e chi deve assicurare servizi pubblici: e dico che potrebbe anche farlo, visto che dopo la scissione del Pdl, il Pd è sempre più l’«azionista di maggioranza». Con queste decisioni sull’Imu invece si conferma di voler andare allo scontro: sono ben 1,5 miliardi di euro sottratti ai nostri bilanci, cercando al solito di far apparire noi, i sindaci, come gabellieri.

Il problema è sempre quello: la mancanza di risorse, il patto Ue.

Ma io non nego che ci siano difficoltà, né penso che si possano ignorare i vincoli della Ue, anche se dovremmo tentare di non farci schiacciare, di non appiattirci su di essi. Noi a Milano abbiamo fatto una politica di assoluta sobrietà: rinuncia alle auto blu, contenimento degli stipendi – ad esempio io e il vicesindaco abbiamo abbassato il nostro al livello di quello degli assessori – tagli a sprechi che ci hanno portato un risparmio di ben 180 milioni rispetto alle spese degli anni passati. E il governo cosa fa? Ci punisce.

Tornando alla composizione di questo governo che vi fa penare. In passato lei stesso ha aperto a una possibile riforma in direzione del «sindaco d’Italia»: un premier cioè con un mandato più chiaro e maggiore capacità decisionale. Direzione verso cui pare voler andare anche Matteo Renzi.

Ecco, proprio per evitare il rischio futuro di «grandi intese» credo che la riforma elettorale dovrebbe prevedere un premio di maggioranza, magari non alto come adesso, alla coalizione che vince: il tutto se parallelamente si supera il bicameralismo, perché tra l’altro oggi la coesistenza di Camera e Senato rende molto complicata l’approvazione delle leggi. Quanto all’indicazione esplicita del premier all’atto del voto, richiederebbe forse una seria e ponderata modifica costituzionale, quindi forse tempi troppo lunghi rispetto a quelli che possiamo permetterci.

L’arrivo di Renzi alla segreteria del Pd può dare maggiore speranza per eventuali, future coalizioni di centro sinistra? O si finirà per litigare, come pare già avvenire in questi giorni con l’articolo 18?

Credo che Renzi favorirà il coagularsi di una nuova coalizione di centro sinistra, e ho accolto positivamente il suo approdo alla segreteria del Pd. Mi pare si sia espressa una volontà di rinnovamento, a cui, ripeto, già questo governo, e non soltanto altri futuribili, dovrebbe dare risposta. Tanto più visto che è cambiata – anche questo è un concetto che ribadisco – la composizione interna delle «larghe intese», con il Pd ora in abbondante maggioranza. E allora cosa si sta aspettando a invertire le politiche di tagli ai Comuni e ai servizi? Noi sindaci siamo e restiamo uniti nelle nostre rivendicazioni: certo, si potrebbe sempre aspettare un decreto X o Y che riaggiusti tutto, ma dopo la fiducia sul maxi emendamento la decisione presa mi pare chiara, e mi pare che in questo modo si vada allo scontro.