Esplodono di rabbia gli ultras bresciani che invadono il prato e scatenano guerriglia all’esterno dello stadio. Straripano di gioia i cosentini. L’altro ieri, a pochi secondi dal termine dei minuti di recupero, è sospeso il playout fra Brescia e Cosenza per non retrocedere dalla serie B. Il momentaneo vantaggio della leonessa lombarda è vanificato dal pareggio dei lupi calabresi al 95°, che forti dell’1-0 conquistato all’andata, evitano i tempi supplementari e compiono l’ennesimo prodigio sportivo. Più che un playout, una battaglia in campo e fuori. Stavolta il gergo di guerra applicato al calcio non è solo metafora. Lacrimogeni, caschi, manganelli, cariche e rappresaglie contornano il triplice fischio dell’arbitro Davide Massa, che schizza liberatorio dagli spogliatoi.

QUALCUNO ha scritto che le tre grandi paure della specie umana sono la morte, il tradimento e la retrocessione. A Cosenza quest’ultima suprema minaccia non trova albergo. Nell’Atene di Calabria la salvezza è arrivata quattro volte negli ultimi cinque anni, con modalità che rasentano il paranormale.

NEL 2020, alla sospensione dei campionati per frenare la prima ondata pandemica, la squadra guidata da mister Roberto Occhiuzzi sembrava destinata a tornare in C. Ma alla ripresa del gioco, su 10 partite ne vinse 7 e ne pareggiò una, salvandosi all’ultima di campionato. L’anno dopo, si classificò quartultima e retrocesse, ma in estate il fallimento del Chievo Verona aprì le porte alla riammissione in B. A settembre 2021 si presentò all’esordio con una rosa di giocatori da serie C. All’inizio del girone di ritorno, ad allenare i lupi fu chiamato mister Bisoli che li tirò fuori dal buco nero, trascinandoli fino alla vittoria nei playout col Vicenza.

La nemesi stava per infierire sui cosentini due sere fa, quando a segnare il gol del vantaggio bresciano è stato Dimitri Bisoli, figlio di quel mister Pierpaolo che l’anno prima li aveva resuscitati. Un Bisoli salvò il Cosenza e l’altro lo condannerà? Nient’affatto! Si è capito ancor prima del pareggio, quando all’85° il tiro ravvicinato dell’attaccante bresciano Bianchi, che bucando la porta avrebbe sancito la disfatta del Cosenza, si è arenato sul piede d’appoggio dell’eroico portiere rossoblù Micai. Sulla conseguente sfuriata offensiva del Cosenza è arrivato il salvifico pareggio di un giocatore dal cognome evocativo: Meroni.

La carrellata di memorabili imprese calcistiche a Cosenza inizia nella stagione 2017-18, quando in serie C la squadra disputa un playoff senza pretese, essendosi classificata quinta in campionato. Uno dopo l’altro, riporta una serie di incredibili successi e vince a Pescara la finale col Siena. A Cosenza tutti sollevano lo sguardo al cielo e omaggiano il compianto bomber Gigi Marulla, che proprio in quello stadio, un quarto di secolo prima, fulminò la Salernitana nello spareggio per la permanenza in B, segnando un gol di un’altra dimensione.

IN TANTI, comunque, già cinque anni fa, in occasione della rocambolesca promozione in B, rivolsero lo sguardo al posteriore del presidente Eugenio Guarascio, padrone del club dal 2011. Da quando è lui proprietario, in totale il Cosenza ha disputato tre playoff, di cui uno in serie D, e due playout, vincendo quattro volte su cinque. Guarascio non è l’alfiere di un fondo d’investimento, tantomeno un magnate della finanza. Sua è la ditta Ecologia Oggi che opera nel settore ambientale in Calabria.

Due mesi fa ha vinto l’appalto per il bando rifiuti del comune di Cosenza, già nelle sue mani da oltre un decennio. Da qualche anno la tifoseria lo contesta in modo aspro. Lo accusa di avarizia nelle campagne acquisti. Eppure, sia i più critici che i suoi silenziosi estimatori concordano: la sua scarsa competenza nella tecnica del calcio è compensata da una robusta dose di fortuna. C’è già chi medita di realizzare una nuova opera d’arte per inserirla tra le statue del Museo all’Aperto Bilotti, sul corso principale della città: un deretano sormontato dalla capigliatura alla Gargamella di Eugenio Guarascio. I suoi clamorosi successi calcistici: non si spiegano in modo razionale: occorre far ricorso alla sorte propizia.

TRE MESI fa era ultimo in classifica, agonizzante, e il colpo di grazia stava per assestarglielo la Reggina, nel derby. Lo scorso 28 febbraio, nello stadio intitolato a Marulla, gli amaranto erano in vantaggio per uno a zero sul Cosenza. Nei minuti finali l’allenatore rossoblù, William Viali, ha lanciato nella mischia il ventenne Marco Nasti, scuola Milan. Con due gol di pregio sudamericano, in soli due minuti, al 90° e 92°, Nasti ha ribaltato il punteggio, avviando la nuova irresistibile cavalcata che si è conclusa due sere fa a Brescia. Innamoratosi della città e dei suoi colori, ha rinunciato al Mondiale under 20 in Brasile pur di restare al fianco dei suoi compagni nei playout. Il sacrificio è stato premiato: senza il suo gol nella partita d’andata col Brescia, il Cosenza non ce l’avrebbe fatta.

E COSÌ, la squadra con l’attacco più sterile e la seconda peggior difesa del campionato, la società calcistica che Transfermarkt attesta al diciottesimo posto nella classifica del torneo cadetto per valore complessivo dei giocatori in rosa, e col più basso monte ingaggi (dopo quello del Cittadella), è riuscita a emergere ancora una volta dagli abissi in cui sono sprofondati blasonati club.

IERI SERA, Cosenza è tornata a far festa, col passaggio trionfale della squadra allo stadio. Per effetto del dissesto delle casse comunali e di una pesante crisi in attività come l’edilizia e il commercio, che in passato le hanno garantito una certa vivacità, negli ultimi anni la città si è retta soprattutto sulla generosità del suo associazionismo e del volontariato. La sua tifoseria è conosciuta in tutta Europa per la singolare letteratura sociale che ha seminato nel tempo. Storicamente antirazzista per vocazione naturale, e non per forme di rigida appartenenza simbolica, quella del Cosenza è una diffusa community fans. Quando viaggiano in trasferta nei campi del nord, commuovono i suoi giovanissimi supporter. Indossano maglie ufficiali della squadra bruzia, spesso parlano con accenti padani e alpini, essendo figli e nipoti di cosentini delle diverse generazione emigrate. Tra i loro fratelli maggiori, oltre a tanti operai, anche scrittori e intellettuali. Tifosissimi rossoblù, per esempio, sono i giornalisti Rai Francesco Repice e Andrea Marotta, che metteranno in scena uno spettacolo sulla storia sociale del Cosenza Calcio.

IL GRANDE scrittore uruguagio Eduardo Galeano una volta si confidò: «Avevo nove anni ed ero molto religioso, devoto del calcio e di Dio». Quando la sua nazionale era in difficoltà, invocava l’intervento divino: «Dio mio, non mi puoi negare questo miracolo». Anche i cosentini ricorrono alle preghiere, rivolgendole a San Francesco. Da ieri mattina è ricominciato il loro pellegrinaggio di gratitudine verso il santuario di Paola. Nell’attesa della prossima calcistica resurrezione