Lo «streameeting» Cosa sarà di Coop del 13 e 14 novembre rappresenterà l’occasione per conoscere e confrontarsi con i protagonisti di progetti e idee che puntano a un presente ed un futuro migliore per l’ambiente e le persone. Esperienze concrete di recupero, riqualificazione, inclusione, tutela, nel mondo dei consumi ma non solo.

BOLOGNA, LA CITTÀ CHE OSPITA fisicamente l’evento, ne offre due. Partiamo da Corticella, quartiere periferico e popolare, al centro negli anni ’70 di uno di quegli interventi di Edilizia pubblica che oltre agli spazi abitativi pensava anche ai servizi: via Gorky vide sorgere un complesso edilizio, costruito su progetto dell’architetto Carlo Salomoni, che ospitava anche una biblioteca, un centro civico e attività produttive.

COME CI RACCONTA Enrico Quarello, responsabile politiche sociali Coop Alleanza 3.0, trovò spazio anche un supermercato, affidato a Coop con un contratto in comodato d’uso di 99 anni, alla cui inaugurazione partecipò lo storico sindaco Zangheri e addirittura Roberto Benigni. Nel 2016 un progetto di riqualificazione degli spazi del supermercato ha portato un piccolo cambiamento con grandi effetti sul quartiere. La riduzione dell’area di vendita di circa la metà ha permesso di ricavare un atrio centrale che funziona da piazza e degli spazi che sono stati dati in comodato d’uso gratuito a realtà sociali del territorio con un progetto di rigenerazione urbana. Questo ha fatto sì che in quel luogo abbiano trovato dimora una scuola di cucina, un centro culturale e teatrale, la sede di Legambiente e l’associazione di volontariato Croce verde del Navile, che gestisce le ambulanze del territorio.

UNA SPERIMENTAZIONE FERTILE nel contesto straordinario di un quartiere popolare che è rimasto tale e che ha visto in questo modo crescere le attività culturali. In particolare il Met – Meticceria Extrartistica Trasversale – lavora sulle storie degli abitanti storici del quartiere e su quelle dei nuovi, i migranti, mettendole in connessione anche attraverso il cibo e narrandole in spettacoli teatrali, ma anche proiezioni, laboratori, mostre, incontri a tavola, garantendo almeno un evento a settimana.

LEGAMBIENTE DA QUELLA POSTAZIONE ha invece messo in relazione la lettura con la mobilità sostenibile, avviando un progetto di consegna dei libri della biblioteca tramite una «cargo bike» direttamente a casa delle persone. Le tante iniziative di questo progetto di rigenerazione urbana hanno attirato l’attenzione di organizzazioni e amministrazioni cittadine, italiane e straniere, che ciclicamente visitano Corticella per capire come funziona questo particolare contesto urbano, la cui proprietà pubblica dovrebbe metterlo al riparo da processi di speculazione e gentrificazione.

SEMPRE DA BOLOGNA PARTE UNA VERA e propria sfida, quella ai giganti della cosiddetta Gig economy, come Foodora, Deliveroo, Globo, Just eat. Non è forse un caso che questo avvenga nella città che ha ospitato il primo sindacato dei riders italiani, i lavoratori sui quali si producono gli immensi ricavati di queste aziende. Si tratta della prima piattaforma di consegne «etiche», che dà la possibilità di spedire e ricevere alcuni prodotti, avendo la certezza che a consegnarli sia una persona pagata degnamente e non sfruttata. Nata da poco con un progetto coordinato dalla Fondazione per l’Innovazione Urbana e il Comune di Bologna, la piattaforma è ora on line e i fattorini sono in giro per la città con le loro cargo bike da fine ottobre. Niente contratti precarissimi e sottopagati: la partecipazione delle due cooperative Dynamo e Idee in movimento ha permesso di assumere i lavoratori con formule tutelate e di assicurare loro un compenso di 9 euro l’ora netti.

IL FUNZIONAMENTO È MOLTO SEMPLICE: i commercianti aderiscono gratuitamente (al momento a Bologna partecipano i mercati di via Vittorio Veneto, Mercati Albani e Mercato Ritrovato e Coop Alleanza 3.0 con due supermercati) e la piattaforma non trattiene alcuna cifra. Il costo del lavoro, quello che le piattaforme tradizionali abbattono, è a carico del cliente, ma in maniera sostenibile: la consegna costa 4,90 euro e diventa gratuita se la spesa supera i 100 euro, ma anche se a fare richiesta sono soggetti fragili come anziani over 65 e disabili. Quindi finalmente anche in Italia si insedia un modello alternativo che dentro la giungla delle piattaforme trova il modo di fare nuova e buona occupazione e che punta sulla mobilità sostenibile non come stratagemma ma come visione.

SPOSTANDOCI A MONZA AVREMO a che fare con quella che nel campo della grande distribuzione è un’esperienza unica in Italia: un supermercato Autism friendly. A raccontarlo sarà Neshat Asgari, una delle tre mamme, fondatrici della onlus Alla3, che hanno collaborato con Coop Lombardia per immaginare e realizzare a Monza un punto vendita che riducesse il disagio nelle persone, come i loro figli, affetti da disturbi di questa sfera. L’idea è partita proprio da loro tre, che hanno deciso di prendere i contatti con Coop in quanto al corrente di un progetto di formazione specifico sull’autismo dei dipendenti e della collaborazione con Pizza Aut, una pizzeria gestita da ragazzi con autismo affiancati da addetti alla ristorazione e alla riabilitazione.

INSIEME HANNO ANALIZZATO TUTTE le difficoltà che le persone autistiche trovano in un supermercato, come luci e musica troppo alti, l’eccesso di rumori meccanici come quello prodotto dalle casse e sono andati alla ricerca di una soluzione. Ciò che Neshat ritiene particolarmente interessante è il lavoro fatto sul fronte della comunicazione, con la presenza, nelle corsie e lungo il perimetro del punto vendita, di una segnaletica speciale che facilita l’orientamento e l’individuazione dei prodotti negli scaffali. Neshat, che è architetto, si è occupata personalmente di mappare il supermercato e di disegnare i simboli identificativi, che rispondono ai criteri della «Comunicazione Aumentativa Alternativa», un insieme di conoscenze, tecniche e strategie che integrano la comunicazione orale.

PER UN SOGGETTO AUTISTICO PUÒ ESSERE fonte di ansia non sapere cosa succederà: per esempio, una volta dentro un supermercato, quale sarà il suo tragitto, il suo scopo dentro un ambiente diverso. Le parole possono non essere sufficienti, perché non sempre gli autistici riescono ad associargli un significato; alle immagini si, quindi i simboli aiutano a capire cosa si sta facendo, dove si sta andando, e questo è fondamentale per il loro stato d’animo. Quello dei pitogrammi è un supporto per tutte le persone che hanno difficoltà nella comunicazione orale, che così hanno la possibilità di far capire il loro bisogno in maniera autonoma. «Il primo desiderio di chi ha un familiare con una qualche forma di disabilità – continua Neshat – è quello di coinvolgerlo il più possibile e di fornirgli i mezzi affinché possa rendersi il più indipendente possibile». Il progetto è stato allestito in due mesi e inaugurato a settembre: associazioni come L’Abilità, che si occupa di disabilità nella prima infanzia e Neuropelculiar, che raduna autistici adulti, hanno confermato che il sistema è di grande aiuto, e c’è da sperare che questo modello possa essere adottato anche in altri luoghi.