Al di là delle dichiarazioni formali e dell’omaggio di prammatica, chiunque ai piani alti del Movimento 5 Stelle ne è consapevole: seppure con tutti gli onori, bisogna archiviare l’ingombrante figura di Gianroberto Casaleggio.

A lui si deve la polarizzazione gente-casta che si incistò tra i fan del comico ambientalista, facendo del M5S una macchina elettorale capace di diventare il primo partito del paese. Ma Beppe Grillo ha capito che a combattere la guerra civile simulata degli scorsi anni si è arruolato un personale politico eterogeneo e impossibile da gestire.

Casaleggio è stato anche il deus ex machina dell’organizzazione spontanea eppure rigidamente sovradeterminata del M5S. È un modello che deriva dalla scienza della gestione aziendale ma anche da certi schemi della new economy: in mezzo al caos occorre sempre un capo assoluto, l’unico a disporre dello sguardo d’insieme per assumere decisioni strategiche e conservare il monopolio delle informazioni.

Le idee di Casaleggio Senior sono rimaste impantanate nella narrazione esoterica e quasi millenaristica che, dai video apocalittici di Gaia allo scontro finale tra cittadini e politici, ne hanno costruito la fortuna. La sua tentazione di disegnare ampi scenari ha avvicinato per alcuni tratti pericolosamente il grillismo a un culto vero e proprio. adesso cozza vistosamente con il piccolo cabotaggio delle regole e dei cavilli messo in piedi da Casaleggio Junior. Questa contraddizione tra il massimalismo del grande affresco un po’ cospirazionista e il minimalismo delle beghe quotidiane, tra l’orizzonte della strategia e il passo lento della tattica, esiste nel M5S fin dalla nascita. Al contrario di quello che si crede, anche il padre di Davide era più avvezzo alla gestione dell’imprevisto e alla scelta azzardata tipica più del management postfordista (lui che era stato prima in Olivetti e poi imprenditore per conto suo) che dei grandi disegni nei tempi medio-lunghi.

Anche per questo, la creatura che ha costruito non ha retto all’usura del tempo. Il monopolio della gestione della comunicazione e il polso di ferro della rete organizzativa gestita dall’alto si sono frantumate di fronte all’ingresso dei grillini nei palazzi del potere, all’assunzione di collaboratori e portaborse, all’apertura di uffici nei ministeri e al posizionamento nella stanza dei bottoni di Palazzo Chigi.

Di questo bilanciamento romano del M5S il nuovo leader Giuseppe Conte è la massima espressione. Di fronte a tutto ciò, i silenziosi amanuensi digitali che dalle scrivanie milanesi della Casaleggio Associati prendevano nota degli affari interni pentastellati e legittimavano il potere assoluto di Rousseau, si sono rilevati inutili e marginali prima che abusivi. Quegli uffici sono ormai considerati superflui dalla gran parte dei parlamentari. Il che è forse ancora peggio dell’ essere percepiti come arbitrari e illegittimi.