Basta essere antiproibizionisti per poter partecipare alla manifestazione di oggi a Roma indetta da un cartello di associazioni che si definisce «autorganizzato»? Pare di no. I Radicali, per esempio, il partito antipro per eccellenza – in Italia e non solo – non possono: sono «indesiderati». «Incompatibili» come «tutta la destra» con quel «Movimento» rinvigoritosi dopo l’approvazione della legge Fini-Giovanardi ma dall’andamento sempre un po’ carsico, in quanto a capacità di mobilitazione. Ad avvisare i Radicali sono gli stessi organizzatori del corteo romano in un “comunicato politico” postato sul sito leggeillegale.org.

All’alba di un nuovo approccio, in campo internazionale, nella lotta al narcotraffico e verso il consumo di stupefacenti, e in un momento in cui in Italia finalmente appare una flebile luce sulla via dello smantellamento di una delle leggi più proibizioniste in Europa, l’assemblea nazionale promotrice della Street sceglie come collante «identitario» irrinunciabile la «critica alle politiche filoatlantiste favorevoli alla guerra in Kosovo, in Irak e in Afghanistan, al liberismo e alle sue atrocità». Ovviamente ai Radicali non si risparmia l’accusa (ritenuta infamante) di «sionisti». La lunga storia interventista di Marco Pannella viene ripercorsa passo passo, nel documento «Noi e i Radicali», a cominciare dalla sua firma, nel 1990, su una risoluzione Ue «per abolire le sanzioni internazionali al Sudafrica dell’apartheid». Il divieto di accesso al corteo non vale però, si sottolinea, per i singoli «pazienti impazienti» delle associazioni radicali (senza simboli).

Ma per i Radicali è quasi un invito a nozze: «Ci saremo, con le mani alzate», annuncia Rita Bernardini che da settimane tenta inutilmente di farsi arrestare per alcune piantine di marijuana fatte crescere sul terrazzo: una sorta di performance per mostrare tutte le contraddizioni del sistema. E oggi i Radicali mostreranno le contraddizioni degli «autorganizzati».