Le proteste locali e internazionali non sono servite. La Corte Suprema di Israele ha sentenziato due giorni fa la “legalità” della legge del luglio 2015 che consente di nutrire con la forza i prigionieri palestinesi in sciopero della fame. Secondo i massimi giudici israeliani salvare le vite umane è una priorità che va oltre le decisioni prese volontariamente da detenuti intenzionati a raggiungere determinati obiettivi. A nulla è valsa anche l’opinione dei vertici dell’Associazione medica israeliana che, in linea con l’orientamento internazionali, vede nella nutrizione forzata una forma inaccettabile di pressione fisica che si avvicina alla tortura. Adesso il governo Netanyahu avrà gli strumenti legali per mettere fine agli scioperi della fame che i prigionieri politici palestinesi spesso attuano per settimane, in qualche caso per mesi, per protestare contro la “detenzione amministrativa” (senza processo). Questi digiuni di protesta hanno avuto in questi ultimi anni un forte impatto e in diversi casi le autorità israeliane sono state costrette a negoziare accordi con i detenuti per evitare i riflessi internazionali della loro possibile morte in carcere.