Il lavoro precario, i compensi da fame, le carriere discontinue e i buchi previdenziali, i redditi a picco, il sistematico ricorso all’outsourcing che ha trasformato radicalmente le redazioni insieme alla digitalizzazione non governata hanno prodotto enormi squilibri nei conti della cassa previdenziale dei giornalisti:, l’Inpgi. Al punto che si fa sempre più strada il commissariamento. L’ipotesi è riemersa ieri nel corso di un’audizione parlamentare presso la commissione sugli Enti gestori previdenziali di Enrica Laterza, presidente della sezione di controlli sugli enti presso la Corte dei Conti. «Noi portiamo alla luce i disavanzi» delle casse previdenziali dei professionisti, «poi le conseguenze sul piano politico, decisorio, sono della commissione parlamentare, che ha potere di denuncia» ha precisato Laterza. Sul commissariamento la legge offre dei margini di «discrezionalità», dato che «non specifica l’arco temporale del disavanzo». Certo è, ha ribadito, che «la segnalazione ai ministeri vigilanti della situazione di disavanzo deve essere effettuata dalla commissione parlamentare».

«La riduzione delle entrate contributive – hanno confermato i magistrati contabili – costituisce il riflesso di fattori demografici e biometrici, nonché dell’andamento sfavorevole del mercato del lavoro in determinati settori». Diversamente da altre casse previdenziali che presentano proiezioni attuariali in sostanziale equilibrio tra contribuzioni e prestazioni, nel caso dell’Inpgi «sono stati riscontrati notevoli peggioramenti dei risultati patrimoniali abbinati al saldo negativo tra contribuzioni e prestazioni previdenziali erogate».

La situazione è stata limitata dalla gestione del patrimonio immobiliare. Il controllo eseguito dai giudici ha confermato che fino al 2016 l’avanzo economico è stato sostenuto da plusvalenze derivanti «dai fondi immobiliari o dalle vendite di immobili le quali, tuttavia, sono destinate ad esaurirsi». In prospettiva, la gestione dell’«Inpgi 1», quella pagata dai giornalisti «dipendenti», si esaurirà già nel «2028». Le proiezioni del nuovo bilancio tecnico, riferito al periodo dal 2018 al 2067 evidenziano come l’ente non sia in grado di mantenere la solvibilità.

Il peggioramento dei conti è avvenuto nel 2017. è stato registrato un disavanzo di 100,61 milioni di euro a fronte di un utile nel 2016 di 9,41 milioni. Il saldo in rosso della gestione previdenziale e assistenziale, si è attestano a meno 134,042 milioni di euro, mentre nel 2016 erano a meno 114,3 milioni; -111,9 milioni nel 2015, -81,620 milioni nel 2014. Questo significa che ai minori ricavi rispetto al 2016 per 7,7 milioni si sono contrapposti maggiori costi per 12,1 milioni.
La crisi dell’editoria è giudicata la principale causa di questo andamento. Il quadro sarà ulteriormente peggiorato dalle crisi prodotte dai tagli unilaterali al fondo per l’editoria e il pluralismo che colpirà decine di testate, anche Il Manifesto, oltre a quelli alla convenzione di Radio Radicale con il Mise, voluto dal governo Cinque Stelle-Lega