«Il mio successore al 99,9% sarà Giancarlo Coraggio». Non si ricorda un altro presidente della Corte costituzionale che, presentandosi nella tradizionale conferenza stampa che segue l’elezione, si sia preoccupato di annunciare già l’esito della prossima votazione. Se Mario Rosario Morelli, che ieri è diventato il 43esimo presidente della Corte, ha pensato di farlo è perché la sua è stata un’elezione particolare. La Corte ha recuperato la regola non scritta del criterio cronologico, in base al quale viene scelto come presidente il giudice più anziano di nomina. Negli ultimi anni questa regola è stata seguita solo quando dalla sua applicazione non è derivata una presidenza troppo breve. Invece Morelli terminerà il suo novennato e scadrà da giudice costituzionale il prossimo 11 dicembre, restando in carica come presidente meno di tre mesi. Per trovare una presidenza tanto breve bisogna andare indietro fino all’elezione nel 2008 di Giovanni Maria Flick, mentre negli anni Novanta le presidenze brevi erano frequenti.

Ieri il collegio dei giudici delle leggi si è diviso. A differenza delle ultime tre volte, quando i presidenti Grossi (2016), Lattanzi (2018) e Cartabia (2019) erano stati eletti all’unanimità dei presenti. È stato anche necessario ripetere la votazione, visto che nel primo scrutinio non si era raggiunta la maggioranza assoluta. Al secondo scrutinio Morelli ha ricevuto 9 voti, 5 sono andati a Giancarlo Coraggio e uno a Giuliano Amato. I due «sfidanti» sono stati nominati vice presidenti come primo atto del neo presidente. Amato ha ancora una finestra aperta per la presidenza, visto che Coraggio, successore preannunciato, scadrà dal mandato di giudice all’inizio del 2022 e l’ex presidente del Consiglio nel settembre di quell’anno.

A Coraggio si è rivolto in conferenza stampa Morelli: «Abbiamo rappresentato le due opzioni di fondo, rimanendo amici», ha detto. E da profondo conoscitore della Corte costituzionale che frequenta, ha detto ieri, «da cinquant’anni», ha sottolineato il valore del criterio della successione temporale. «Quando non è stato seguito ha lasciato sempre qualche strascico», ha spiegato, citando l’elezione di Saja. Un presidente che negli anni Ottanta scavalcò il candidato più anziano e provocò addirittura a una controversia disciplinare interna. Morelli già c’era, avendo cominciato come assistente di studio del giudice Gionfrida nel 1973 (è stato poi assistente anche di Paladin).

«La collegialità è la risposta agli inconvenienti che possono esserci per la brevità del mandato», ha detto ieri il neo presidente in conferenza stampa. Spiegando che proseguirà nel solco dell’apertura della Corte all’esterno, come già Lattanzi e poi Cartabia. Proprio l’elezione della prima presidente donna nove mesi fa, che «scavalcò» gli allora vicepresidenti Carosi e Morelli, ha tenuto aperte le aspettative, sia pure per un incarico breve, di Morelli (Carosi nel frattempo ha cessato il mandato).

Morelli, romano, 79 anni, è stato per trent’anni giudice della Corte di Cassazione ed è stato eletto dalla suprema Corte alla Consulta nel novembre del 2011, pochi giorni dopo l’elezione in parlamento per lo stesso incarico di giudice di Sergio Mattarella.

A una domanda sul prossimo referendum costituzionale, Morelli ha parlato del taglio dei parlamentari come «una riforma che incide sulla Costituzione in maniera relativa e va completata». Aggiungendo, naturalmente, che «come presidente della Corte Costituzionale non mi posso esporre per il si o per il no, c’è un mezzo vuoto e un mezzo pieno per ogni parte, vediamo come andrà».