Corrotti e mazziati. L’Italia è uno dei paesi più corrotti d’Europa. Purtroppo non è una sorpresa, ma questa volta a certificare ciò che ogni cittadino italiano sa benissimo è la Commissione Ue. Il primo rapporto continentale sul tema presentato ieri a Bruxelles è impietoso. La corruzione italiana vale 60 miliardi e rappresenta il 4% del Pil. In tutti i 28 paesi dell’Unione costa 120 miliardi. E anche se le autorità europee specificano che i due dati non sono comparabili, e che quindi non si può dire che la corruzione di casa nostra rappresenti il 50% di quella continentale, è evidente che siamo campioni del malaffare. Nell’indice di percezione del livello di corruzione l’Italia è quartultima, davanti a Romania, Bulgaria e Grecia. Ed è sempre nelle ultime posizioni anche nella lista dei controlli, davanti solo a Ungheria, Bulgaria, Grecia e Romania.
La Commissione non si è limitata a scattare una fotografia dell’esistente ma ha indicato chiaramente le cause e le possibili soluzioni per arginare una piega non più sostenibile in tempi di crisi. L’azione penale nel nostro paese, dicono a Bruxelles, “è stata più volte ostacolata da leggi ad personam approvate per favorire i politici imputati in procedimenti giudiziari, anche per reati di corruzione”. Altro problema serio sono le norme sulla prescrizione che abbinate ai tempi lunghissimi della giustizia “determinano l’estinzione di un gran numero di procedimenti”. E la Commissione non risparmia critiche neppure alla legge anticorruzione varata nel 2012 perché “non modifica la legge sul falso in bilancio e l’autoriciclaggio e non introduce reati per il voto di scambio”. Unico merito riconosciuto sono le disposizioni sull’incandidabilità dei condannati che, recita il rapporto, hanno portato a “un importante passo avanti”, applicato “nel caso della decadenza da senatore in un ex premier”. Silvio Berlusconi non è mai citato ma gli devono essere fischiate le orecchie più volte. Pur senza fare il suo nome la Commissione richiama a titolo di esempio anche il caso Mills abortito proprio per le norme ad hoc sulla prescrizione. Ma è l’intero sistema paese a essere bocciato da Bruxelles. “In Italia – recita il Rapporto – i legami tra politici, criminalità organizzata e impresa e lo scorso livello di integrità dei titolari di cariche elettive e di governo sono tra gli aspetti preoccupanti come testimonia l’alto numero di indagini per corruzione”. Un quadro suffragato da un triste elenco di numeri: nel 2012 sono scattate indagini e ordinanze di custodia cautelare nei confronti di politici in 10 regioni su 20, sono stati sciolti 201 consigli comunali e oltre 30 deputati della precedente legislatura sono stati indagati per corruzione o finanziamento illecito dei partiti. L’Europa stima che la corruzione rappresenti il 40% del valore totale delle grandi opere pubbliche.
Insieme alle modifiche legislative e ad un aumento dei controlli la Commissione indica anche di “rafforzare l’integrità per i rappresentati eletti attraverso codici etici”, un appello deontologico che rischia di far sorridere amaramente gli italiani sempre più rassegnati e disillusi: il 97% ritiene che la corruzione sia un fenomeno diffuso e l’88% pensa che mazzette, amicizie e parentele siano il modo più semplice per ottenere servizi pubblici, il 64% è convinto che le conoscenze politiche siano l’unico modo per avere successo negli affari e il 92% delle imprese italiane ritiene che favoritismi e corruzione impediscano la concorrenza leale.
L’associazione Libera sottolinea che la corruzione costa mille euro per ogni cittadino all’anno. Per Rita Borsellino il rapporto è “uno schiaffo alla politica e alla classe dirigente italiana”. Meno preoccupato il governo: “Il report riconosce che il nostro Paese ha fatto passi in avanti significativi”, commenta il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi che annuncia prossime norme contro l’autoriciclaggio. Contento lui.