Innalzare are di pace, dirimere ere geologiche, ammansire ire funeste: vivere.
Ere-Correre.
È l’alba. Le gambe si inseguono in fretta. Il vento gli muove la frangetta. Antoine corre per lasciarsi tutto alle spalle, la famiglia, le marachelle, il riformatorio. Questa corsa non è la prima né l’ultima, il ragazzo sa che dovrà lottare, scontrarsi con i grandi, sbucciarsi le ginocchia, giocare a guardie e ladri, ricominciare a correre, non fuga ma salvezza. Il mare. Calamitato verso l’acqua il ragazzo accenna un sorriso. Primo piano. Fermo immagine. Fine.
I quattrocento colpi (François Truffaut, 1960).
Verso la mezza età moltissimi esseri umani trovano nella corsa le endorfine che sostituiscono (o attenuano) un uso smodato di droghe, ansiolitici, super alcolici. L’adrenalina scaturita dallo spezzare il fiato, dall’abolire ogni pensiero, batte in testa come un flash da Lsd e crea adepti più impensati, da pensionati a giornalisti a studenti a liberi professionisti. Correre fa male alle ginocchia usurate dagli anni, fa male alla schiena se si hanno discopatie o ernie. È un gioco di equilibrio tra bene e male che poi è la vita che corre alla sua velocità e nessuno è mai in grado di acchiapparla.

CORRERE E FUGGIRE? Correre è arrivare? Correre è correre per correre, niente di più. Tutti ne parlano. «… La maratona è un’arte marziale. Chi la corre compie una scelta estetica, non una sportiva. Lo sport non c’entra niente» (Mauro Covacich A perdifiato, Einaudi, 2005).
«Se malgrado tutto tieni duro e continui a correre, finisci col provare una sorta di disperato sollievo, come se il tuo corpo venisse svuotato di ogni sostanza» (Murakami Haruki, L’arte di correre, Einaudi, 2007). Dustin Hoffman (ne Il laureato, Mike Nichols, 1967) corre verso la chiesa ma è troppo tardi, la sposa ha contratto matrimonio, chi se ne frega, è innamorata di lui e con lui corre via da tutto ciò che non siano loro due. Correre per non perdere il treno dell’amore che passa poche volte nella vita, una se si è fortunati, altrimenti forse nessuna.
Un amico ha iniziato a correre perché era sovrappeso. Poi ci ha preso gusto e ha continuato. Poi era un bisogno quotidiano, insaziabile come di pane o di champagne. Alla fine ha corso cosi tanto che non è tornato più.