Cronaca in prima persona (una volta tanto) di un evento musicale performativo teatrale filmico, soprattutto musicale io vorrei ma non sempre si può avere tutto e poi, forse, questo evento è musicale interamente per quello che vuol dire musica e cioè relazione tra i suoni e non solo tra i suoni, come dice la danzatrice/regista/marionettista/performer Amalia Franco. Corpo unico in diretta streaming. Il luogo è YouTube non un teatro non un’arena all’aperto. Anche questo è fare arti live in tempi particolari. Un non-luogo? E perché mai? Protagonisti il Quartetto Maurice (Georgia Privitera e Laura Bertolino, violini, Francesco Vernero, viola, Aline Privitera, violoncello), Amalia Franco e la compositrice Giulia Lorusso. L’elettronica è a cura di Lorusso? Non lo so ma tutta la parte strettamente sonora, se si può separare il sonoro dallo scenico in questo caso, probabilmente no, è a cura del Maurice e di Lorusso in forte simbiosi. Siamo collegati in un centinaio (gli spettatori). Prima dell’inizio, in chat: «come stai? ben trovato», dopo la fine: «complimenti, a presto».

QUESTO LO SPECIFICO della socialità convenzionale nell’occasione. Musica nel buio in esordio dello spettacolo – che è un film in sostanza, qualcosa di girato e registrato per la rete -, un tremolo sul grave (misterioso). Ma le evoluzioni saranno molte. I suoni tenuti cangianti e le tante interiezioni sono una costante, la situazione sonora è il trionfo innovativo del microtonale. Innovativo, sì: qui si esplora non si celebra alcun dio Ligeti et similia. Gli strumentisti suonano l’aria con gli archetti ma la musica si sente. Sarà spesso «fuori campo», la musica. La danzatrice è in mezzo a loro in forma di pecora, ogni tanto le sue sembianze umane emergono dalla pelle lanosa. Si va all’esterno, su un prato con boschetto. Sempre in b/n. Vi si muovono Franco e le/i Maurice. Si torna subito in un interno che è una sala da pranzo spoglia, dove c’è solo un tavolo e attorno a quel tavolo si compiono azioni reali e surreali, inutile distinguere, tutte sonore (la musica non tace mai). Franco colpisce con coltelli il tavolo, sopra e sotto, il Maurice partecipa all’azione bunueliana (il regista è un idolo di Franco, così come Cronenberg). Tutto, musicisti, danzatrice, oggetti del quotidiano (spazzole, giocattoli a molla) è corpo, è un unico corpo, «un corpo perennemente costruibile», scrive Franco in nota.

IN UN EPISODIO di quest’altra costante che è il passaggio interno-esterno, ascolto fasce di suoni striate (c’è molto trattamento elettronico degli strumenti) alternate ad arpeggi su intervalli ravvicinatissimi, un ostinato astrale/cupo che poi si apre a sovracuti ariosi, luminosi degli archi acustici/sintetici. Grande musica. A tratti sembra improvvisata, c’è proprio quell’aspetto di «concetti sonori» in elaborazione, in divenire. Per il mio gusto la quota di naturalismo teatrale rispetto al mirabile «astrattismo» delle vicende sonore è troppo alta. Gusto mio. Ma la musica c’è. Ovunque.