Edgar Allan Poe avrebbe scritto la storia di un bambino perso in un bosco pieno di sussurri e mostri in agguato nell’ombra, G.K. Chesterton avrebbe delegato al giudizio divino la pena per un così efferato delitto, mentre gli americani Dashiell Hammet e Raymond Chandler si sarebbero dilungati sul ritrovamento del corpo, assegnando le indagini ai loro detective disperatamente umani e avvezzi alla drammaticità del reale. Anche dentro a “Corpicino”-copertina nera e titolo scritto con una calligrafia da scolaro- si nasconde un crimine orribile, l’uccisione del piccolo Marcellino Diotisalvi, di otto anni, ma la graphic novel di Tuono Pettinato, qui alle prese con la sua prima opera di finzione (sono sue le biografie di Garibaldi, Alan Turing e Kurt Cobain, pubblicate da Rizzoli) è una “storia delle storie”; lontano dagli stilemi con cui si descrivevano l’orrore e il mistero del delitto, o si introduceva più tardi l’idea che il criminale e l’investigatore abitassero lo stesso malvagio mondo, il libro è una storia di cronaca nera atipica, dove né il delitto, né l’indagine rappresentano il vero focus.

Questo romanzo è piuttosto la rappresentazione delle reazioni della società di fronte al crimine e la messa in scena del nostro voyerismo mediatico, una dipendenza a tratti oscena dalla cronaca servita piccante, e al contempo, il tentativo intelligente e umoristico di spiegare i meccanismi che regolano questo interesse morboso e ossessivo. «Da tempo mi incuriosiva il fenomeno del turismo dell’orrore-spiega Tuono Pettinato. Mi sentivo allo stesso tempo attratto e inorridito da queste carovane di visitatori in gita nei luoghi dell’orrore. I miei libri spesso nascono per esorcizzare attraverso storie illustrate, e quindi a livello creativo, le mie paure. Il fenomeno del turismo dell’orrore e dell’eco mediatico che si scatena attorno ai casi di cronaca nera mi provocano un certo fastidio e ho cercato di parlarne sorpassando l’aspetto drammatico e inserendo dell’humor, rigorosamente nero, nella narrazione. Durante la fase di documentazione non ho trovato testi soddisfacenti riguardo a questo argomento, che invece gode di ottima salute su youtube, per esempio”.

L’illustratore pisano si spinge più avanti e lascia da parte l’humor quando, per trovare un’argomentazione a questo discutibile atteggiamento sociale, fornisce al lettore accreditate teorie antropologiche per mano del personaggio del Prof. Girardi, geniale doppio dello studioso francese René Girard. Ed ecco che immediatamente, il romanzo illustrato di Tuono Pettinato si trasforma in un prisma oscuro di infinite sfaccettaure, un libro acuto e profondo che offre molteplici piani di lettura. Se ne è accorto il prof. Alfredo Verde, professore straordinario di Criminologia all’Università di Genova, quando lo scorso dicembre, invitato a presentare libro a Palazzo Ducale durante la Settimana della Cultura, si è definito “folgorato” dal fumetto che ha poi incluso nelle bibliografie dei suoi esami.

«Mi ha colpito la vicinanza del lavoro di Tuono al mio pensiero personale- racconta il prof. Verde- tanto che ho chiesto all’editore, Andrea Benei di GRRRzetic, se Tuono avesse letto i miei lavori e quelli del Prof. Francia: io e lui stiamo utilizzando da circa vent’anni Girard per comprendere quanto sta accadendo nella nostra società in cui il reo diventa una vera e propria starvissuta in modo profondamente ambivalente dai soggetti più maturi, un pubblico vittima di una fascinazione poco mentalizzata verso colui che si macchia di un crimine. Dal momento che c’era questa sintonia fra quanto espresso da Tuono e da noi, mi è sembrato naturale includerlo nel programma, sia del corso di Criminologia dei corsi di laurea triennale in Scienze Pedagogiche, della laurea magistrale in Psicologia e in Giurisprudenza oltre che del Master di II livello in Criminologia e Scienze Psicoforensi di cui sono presidente».

È così che Tuono narra la storia del corpicino di Marcellino Diotisalvi, corredata sulla pagina da un sottopancia che scorre sotto le immagini come in fondo allo schermo, e rappresentata attraverso le diverse narrazioni mediatiche: i servizi televisivi da casa Diotisalvi, imbevuti della retorica straziante e a tratti bacchettona delle presentatrici; la presenza costante del disturbatore tv che fa di tutto per entrare nell’inquadratura; i commenti ipocriti dei conoscenti veri e improvvisi della vittima; il signor Diotisalvi ospite di trasmissioni di varietà che mostra affranto un cartello con su scritto “verità” senza che gliela lascino invocare, fino ad arrivare alle esilaranti false ammissioni di colpa concatenate, rilasciate in cambio di qualche minuto di celebrità di fronte alle telecamere. “Corpicino” è soprattutto un libro sulla comunicazione e sullo story telling, un’analisi lucida che sembra suggerire che ciò che conosciamo, più che il vero, è la realtà narrata, e spesso distorta, principalmente dai media e dai social.

L’ unico superstite difensore della verità è il personaggio di Gianni Martinelli, giornalista del parodico “Sparviero del Settentrione”, invitato spesso dal caporedattore ad abbandonare il suo tono rispettoso, distaccato e obiettivo, e a insistere piuttosto su “azione, budella, squartamenti, in una parola: divertimento”; e anche lui, verso la fine del libro, si vede costretto a mettere in discussione i benefici della ricerca e del culto al vero. Martinelli è solo di fronte alla “gente per bene, il popolino, insomma” come lo definisce il caporedattore.

Anche il prof. Verde la vede così. «Con i suoi mitomani e i suoi berlusconiani direttori di giornale, “Corpicino” rappresenta il problema in modo graffiante ed efficace. La criminologia scientifica, nella sua arroganza, pretende ormai da cinquant’anni di smascherare le falsità delle rappresentazioni mediatiche e degli atteggiamenti distorti dall’emotività, come se chiarificare e mostrare la realtà fosse sufficiente a fare regredire le credenze; e pecca di ingenuità, perché non tiene di conto, né studia (cosa che la nostra scuola, la scuola genovese, ha iniziato a fare) le potenti correnti emotive sottostanti agli atteggiamenti sopra rammentati».

A ben vedere, la società dell’informazione non si è del tutto emancipata dalle istanze di sacralità e violenza che regolavano le civilità antiche nella teoria girardiana del capro espiatorio e abbiamo ancora bisogno di una vittima da sacrificare e santificare per mantenere un equilibrio interno e appianare così i conflitti, e di un carnefice sul quale sfogare tutto l’odio e il disprezzo che si genera in seno al gruppo.

«Così anche nel fumetto- spiega Tuono Pettinato- vittima e carnefice appartengono a una stessa sfera e le parti che riguardano il loro rapporto intimo, che si consuma nel delitto, non presentano l’intrusione di un pubblico esterno, la cui richiesta di orrore è inscindibile dalla nostra lettura dei casi di cronaca, che ho rappresentato proprio attraverso il sottopancia. È ovvio che la nostra dipendenza e passività di fronte all’attacco dei media è talvolta preoccupante, ed è questo che ho voluto raccontare».

Nelle pagine di Corpicino c’è quindi una denuncia parodica al giornalismo sensazionalistico e alla speculazione sui fatti di cronaca, risultato di irrinunciabili dictat capitalistici, ingigantiti dalla domanda di un pubblico bramoso di dettagli macabri, congetture, di spettatori lontani dall’innocenza e obiettività di semplici destinatari, in ultima analisi ben propensi a lasciarsi trascinare nella giostra dell’orrore e quindi, implicitamente complici dello stesso. “Ci sono i cattivi e i molto cattivi” come recita la citazione di Fritz Lang che apre il libro. E sono tutti rappresentati nella storia di Corpicino: neanche l’illuminato Prof. Giraldi, è immune alle dipendenze e alla massificazione delle pulsioni, e cede alla tentazione delle slot machine, così come lo psicologo televisivo Scannagatta decide verso la fine del libro di dichiararsi colpevole per rispolverare la sua popolarità televisiva.

In quello che è definitivamente il suo lavoro meno innocente, e Tuono Pettinato lo dice sin dall’inizio, raffigurando Marcellino nell’atto di uccidere una fila intera di formichine, siamo tutti colpevoli, tutti attori inconsapevoli di quel rito sacrificale con cui il carnefice elimina la vittima.

Il libro, come sempre accade quando firma Tuono Pettinato, si legge di un fiato e ci fa sorridere, ma non per questo è meno cocente l’accusa verso la reazione inadeguata e perlopiù passiva al bombardamento mediatico e comunicazionale sulla quale è importante far riflettere, poiché sembra quella più diffusa. Il prof. Verde si mostra ottimista a questo proposito e ricorda importanti sfumature quando spiega che «la diffusione della rete, che rende possibile anche forme di comunicazione trasversale mette “tutti”, sebbene in dipendenza dal livello della loro personale paranoia individuale, gruppale e collettiva, in condizione di poter formarsi una “propria” opinione».

Portare l’attenzione su temi spinosi come questo, ovvero quanta e che tipo di informazione richiediamo, è molto importante e vale la pena farlo anche attraverso prodotti d’intrattenimento come quello del romanzo illustrato che, come in questo felice caso, possono raggiungere un pubblico potenzialmente molto vasto. 

Il capolavoro noir di Tuono Pettinato sopporta il peso di questi densi contenuti grazie a una struttura narrativa dinamica. “C’è una parte in cui si mostra il rapporto tra due personaggi, la coppia Martinelli-Girard e Martinelli-Mangusta, il criminale star e una parte di messa in scena delle scempiaggini mediatiche, piene di personaggi disparati. Il tutto racchiuso dalle pagine più intime, in apertura e chiusura, dove si mostra il confronto tra la vittima e il carnefice. È una struttura che mi permette di mescolare sottotrame e situazioni, costruita grazie a uno schema cromatico- affisso sull’armadio della mia cucina- assegnando un colore ad ogni situazione; c’è poi il sottopancia sempre presente che da continuità alla storia, ma solo nelle parti pubbliche, per sottollineare la sfacciataggine e il gusto pacchiano di quella rappresentazione del dolore”.

E poi le citazioni cinematografiche-da Bellocchio a Fritz Lang- i prestiti di personaggi dal mondo reale, veri e propri cammei, marchi inconfondibili della fabbrica Pettinato, che fa scivolare tra le immagini anche un Pinocchio crocifisso: “La vittima del resto è innocente- qui sta la grande beffa del capro espiatorio- e Corpicino diventa l’unico buono e onesto in un mondo cattivo. Pinocchio mi ispirava come ribaltamento di questa figura innocente e sacrificata”.

E se a crimine corrisponde colpevole Tuono non rinuncia al gusto di stuzzicare il lettore: «C’e un accenno velato allo scioglimento dell’enigma classico, perché scrivendo mi sono appassionato all’indagine…e comunque le verità stanno nella prima e seconda parte, dove si inscena il delitto, il rapporto tra vittima e carnefice, ma fuori c’è in agguato una comunità che utilizza questa dialettica per ristabilire il suo equilibrio».

Alla fine Tuono Pettinato, che ha ormai sedotto ogni suo lettore-spettatore, lo riaccompagna allo spazio ludico donandogli la sorpresa e il lusso di dare una risposta personalizzata all’enigma. E per questo piccolo mistero, rimandiamo vittime e carnefici all’ultima pagina di questo imperdibile libro.