Partirà il prossimo giovedì 21 marzo nel capoluogo toscano il Florence Korea Film Festival, la diciasettesima edizione di una manifestazione che nel corso degli anni ha saputo guadagnarsi il suo spazio e la sua collocazione all’interno del caledario festivaliero italiano. Cresciuto assieme e anche grazie alla filmografia del paese asiatico, che in questi ultimi decenni è diventata non solo una delle più interessanti, ma anche uno dei bacini produttivi a cui più attingono le grandi manifestazioni internazionali, il festival si concluderà il giorno 28.
Se nei primi anni la manifestazione fiorentina ha senza dubbio aiutato a far conoscere un paese ed una cultura non troppo famigliare al pubblico italiano, ora siamo giunti in quella fase in cui si cercano di esplorare nel ed attraverso il cinema le mille sfaccettature e complessità di una società che nel frattempo è diventata a tutti gli effetti «moderna» e parte del discorso culturale internazionale.
COREE E CINA
Aprirà il festival, che presenterà in questa edizione 45 titoli, fra cortometraggi e lungometraggi, Swing Kids, una commedia musicale a base di danza ed amicizia diretta dal regista Kang Hyoung-chul che sarà per l’occasione anche presente. La pellicola è emblematica in qualche modo della qualità e dello spessore che il cinema coreano riesce ad infondere anche a prodotti di più puro intrattenimento e rivolti ad un pubblico generalista. Il film è infatti un musical ambientato nel 1951 durante la Guerra di Corea quando nel campo di prigionia di Geoje il sergente Jackson viene incaricato di formare un corpo di ballo per tenere alto il morale dell’esercito. In questo curioso corpo di ballo specializzato in tip tap si ritrovano un soldato cinese, uno sudcoreano, un prigioniero nordcoreano ed una ragazza coreana. Il rapporto fra le due Coree e la Cina è anche al centro del film che chiuderà il festival, Beautiful Days, esordio in una fiction per il documentarista Jero Yun, che racconta di Zhenchen, adolescente che va alla ricerca di sua madre, che lo aveva abbandonato in Cina con il padre quando lui era ancora molto piccolo, fuggendo dalla Corea del Nord.
JUNG WOO
Spicca in questa edizione l’omaggio dedicato all’attore Jung Woo-sung, con la proiezione di sei titoli che lo vedono protagonista, dal dramma Beat del 1996, in cui porta sullo schermo le gesta di un ragazzo che abbandona la scuola e si unisce ad una banda, percorso che in qualche modo ripercorre quello fatto dallo stesso Jung, a A Moment to Remember, un film di ben altro genere, sentimentale, e campione di incassi in patria. Saranno presentati al pubblico italiano anche i più recenti Scarlet Innocence, di Yim Pil-sung, Asura: The City of Madness di Kim Sung-su, o ancora il più politico The King con cui il regista Han Jae-rim traccia il percorso del protagonista, nato in condizioni povere ed ossessionato dal potere e dal denaro, determinato a diventare un procuratore di successo in una società, quella coreana, fra le più competitive al mondo. L’ultimo dei sei film con Jung protagonista proiettato al festival sarà Illang: The Wolf Brigade diretto lo scorso anno da Kim Jee-woon e remake di Jin-Roh, lungometraggio animato ideato da Mamoru Oshii e diretto nel 1999 da Hiroyuki Okiura. Il film coreano ricalca molto da vicino il capolavoro da cui si ispira, ma lo tinge di tematiche molto sentite nella penisola, ambientandolo in un distopico 2029 dove un’organizzazione terroristica chiamata la Setta si oppone alla riunificazione delle due Coree. Proprio per contrastare questa opposizione, il governo sud coreano crea un’unità speciale di sicurezza chiamata «uomini lupo».
Forse la sezione più interessante, anche indipendentemente dalla qualità dei film proposti, è K-Society, dove saranno presentate quattro pellicole che esplorano aspetti molto sentiti e dolorosi della società coreana contemporanea. After my Death di Kim Ui-Seok è uno spaccato senza abbellimenti dell’ambiente scolastico sud coreano dove le pressioni dettate da un sistema super competitivo finn dalla prima infanzia, provoca spesso sfoghi di violenza ed episodi di bullismo molto gravi. Più leggera nei toni è la commedia romantica Two Weddings and a Funeral con cui il regista Kim Jho Kwang-soo però affronta un tema importante come quello dell’amore omosessuale e della «necessità» di tenere nascosti tali sentimenti alla società ed alle proprie famiglie. Quasi una continuazione del sistema scolastico è l’ambiente lavorativo coreano, in questo senso molto simile a quello che succede nel vicino Giappone, dove le ingiustizie di sistema colpiscono specialmente del donne. Cart di Boo Ji-Young racconta le vicissitudini del lavoro part-time di alcune donne in un grande supermercato e delle loro lotte e proteste contro un imminente licenziamento, il proletariato del nuovo millennio non ha davvero confini geografici o grandi distinzioni di nazionalità. Altro tema che purtroppo non ha confini o specificità d’area è quello della violenza sui minori. Protagonista di Miss Beak della sceneggiatrice Lee Ji-Won, qui al suo debutto, è una donna che a causa delle violenze subite fin da bambina, ora da adulta non riesce ad affrontare il mondo con positività e a con la fiducia che le permetterebbe di aprirsi ed instaurare un normale rapportoo con gli altri.
ORIZZONTI
La sezione Orizzonti Coreani invece offrirà la pssibilità di vedere quella parte più autoriale del cinema coreano, a partire dallo splendido Burning di Lee Chang Dong, da un racconto di Haruki Murakami, uno dei film più celebrati ed amati dalla critica lo scorso anno. Altro nome atteso è quello di Hong Sang-Soo, il suo Hotel by the river ripropone molte delle tematiche intimiste che caratterizzano il suo cinema, qui l’incontro casuale di un anziano poeta che si sente di morire con una giovane donna in crisi. Naturalmente ci sarà spazio anche per il genere horror, per il mistery e quest’anno anche per le sperimentazioni con il cinema in realtà virtuale, alcuni dei titoli direttamente da Venezia.