Un’intera notte passata all’addiaccio, dietro un cespuglio, per fotografare Fausto Coppi alle quattro del mattino, mentre usciva da un albergo in tenuta da allenamento con la sua Bianchi. Fausto Coppi, in quell’albergo in mezzo alla campagna, lontano da occhi indiscreti, aveva vissuto una notte d’amore con Giulia Occhini.

L’episodio ci è stato raccontato dal fotografo Vito Liverani, fondatore negli anni ’50 di Olimpia, la prima agenzia fotografica riservata allo sport.

Entrambi sposati, Fausto Coppi con Bruna Ciampolini aveva una figlia, Giulia Occhini con un ricco medico di Varese, Enrico Locatelli, dal quale ebbe due figli, si conobbero in occasione della Tre Valli Varesine, vinta dal Campionissimo, quando spinta dal marito, gli chiese un autografo.

In seguito, Locatelli invitò Coppi a trascorrere qualche giorno nella sua villa per presentargli l’intera famiglia e fu allora che la scintilla scoppiò. La visita fu breve, ma sufficiente perché i due avessero conferma che le prime occhiate erano i prodromi di un amore travolgente. Occhini e Coppi si incontrarono più volte in segreto, e nel momento in cui Giulia rivelò finalmente al marito Enrico il suo irresistibile amore per l’Airone, cominciarono furibondi litigi in famiglia.

Il giornalista francese Pierre Chany, inviato dell’Equipe al Giro d’Italia del 1954, alla premiazione della tappa di S. Moritz, notò Coppi porgere sul palco il mazzo di fiori a Giulia Occhini, che indossava un montgomery bianco, e perciò definita dalla penna transalpina la Dama Bianca. Dietro quel gesto, Chany aveva colto l’intimità tra i due e da allora la relazione extraconiugale divenne di pubblico dominio.

In breve i litigi in casa Locatelli fuoriuscirono dalle mura della villa. La foto che Vito Liverani scattò a Fausto Coppi all’uscita dell’albergo, fu pagata a peso d’oro dai rotocalchi e dai quotidiani di allora, che sulla love story si avventarono come avvoltoi. Fausto Coppi era ormai una leggenda, primo al mondo ad aver vinto nello stesso anno il Giro d’Italia e il Tour de France nel 1949 e nel 1952, gli mancava il mondiale su strada, che si aggiudicò nel 1953. Lasciate le rispettive famiglie, i due si sistemarono in albergo e poi a Villa Carla, a Novi Ligure.

L’atteggiamento che assunse nei loro confronti l’Italietta di quegli anni, fu di piena ipocrisia. Fausto Coppi, era il maschio, il Campionissimo presente nell’immaginario popolare e contrapposto a Gino Bartali. L’Italia aveva i suoi Peppone e Don Camillo anche nel ciclismo, allora assurto a sport popolare per eccellenza, ancor più del calcio.

Se Bartali, che il Vaticano con un’abile mossa elesse a uomo-simbolo dell’Azione Cattolica, tanto da suscitare l’indignazione di Italo Calvino, che dalle colonne dell’Unità scrisse che se l’intreccio tra religione e sport, vista la lunga tradizione degli oratori, era comprensibile, si rendeva necessaria la separazione tra Vaticano e ciclismo, Coppi, invece, in quegli anni divenne suo malgrado Fausto il Rosso, il simbolo dell’Italia in canottiera.

Furono anni in cui l’oscurantismo Vaticano andava a braccetto con il peggio che la Democrazia Cristiana aveva espresso nella violenta campagna elettorale del 1948, e che si riverberò nel decennio successivo.

La relazione proibita tra Fausto Coppi e Giulia Occhini subì una dura reprimenda da parte di Papa Pio XII.

Negli anni ’50 del secolo scorso, il decennio più oscurantista dal dopoguerra a oggi, in cui le conquiste delle donne furono limitate e i valori della famiglia non si discostarono molto da quelli predicati nel ventennio fascista, l’Airone e la Dama Bianca, dati in pasto ai rotocalchi e ai quotidiani, furono segnati a dito da preti e benpensanti.

Giulia Occhini, ritenuta la responsabile della tentazione satanica, fu considerata una donna di facili costumi.

Sintomatico l’episodio che vide protagonisti a una tappa del Giro d’Italia del 1956 la Dama Bianca e Magni, fascista della prima ora e tra i responsabili dell’azione che portò alla trucidazione del comandante partigiano Lanciotto Ballerini e della sua squadra, una delle prime formazioni partigiane in Toscana.

Giulia Occhini lungo la salita del Colle del Ghisallo, tappa finale con arrivo al Vigorelli di Milano, dal finestrino dell’auto della Bianchi fece il deprecabile gesto dell’ombrello a Magni, quell’anno classificatosi secondo, che in risposta le rivolse l’epiteto di ‘troia’, sintetizzando quanto si pensava di Giulia Occhini in Italia.

La reazione dell’Italia bigotta e democristiana nei confronti della Dama Bianca fu violenta, tanto che al suo passaggio le donne, in segno di spregio, sputavano per terra.

Dopo la denuncia per adulterio da parte del marito Enrico Locatelli, Giulia Occhini fu arrestata dai carabinieri e tradotta nel carcere di Alessandria. Processata per abbandono del tetto coniugale, i giudici le inflissero tre mesi di carcere con la condizionale e la condanna al domicilio coatto ad Ancona, mentre a Fausto Coppi furono inflitti due mesi di carcere con la condizionale e fu ritirato il passaporto.

Che cosa fece il Pci, che in quegli anni adottò Coppi in chiave anti Bartali?

Si limitò a consegnare mazzi di fiori nelle città in cui il Giro faceva tappa, come riportò lo scrittore Vasco Pratolini, inviato al Giro da Romano Bilenchi, direttore del Nuovo Corriere di Firenze, quotidiano vicino al Pci: «Tre uomini lo andavano cercando qua e là framezzo alla marea, smarriti ma dignitosi, con un mazzo di garofani rossi infiocchettato. Erano i rappresentanti del P.c.i di Foggia, che a nome dei compagni volevano rendere omaggio a Fausto che ha fama di simpatizzante».

Eppure in quegli anni Palmiro Togliatti, proprio come Coppi, aveva lasciato la moglie Rita Montagnana con il figlio Aldo per convivere con Nilde Jotti. Il partito diretto dal Migliore, contrariamente all’asse Vaticano-Dc, che scatenò gli istinti più conservatori, tra calcoli elettorali e tentennamenti politici non osò fare della vicenda Coppi-Occhini una battaglia di emancipazione femminile e di civiltà, relegandola a questione privata.

Il Campionissimo pagò un prezzo alto per quella sfida, fu perfino tentato di mollare la Occhini e tornare con la moglie.

Anche in ambito ciclistico, Coppi pagò lo scotto, come ricordò Andrea Carrea, uno dei suoi più fedeli gregari: «All’epoca dello scandalo ci fu una rottura con lei e perfino con Fausto».

Giulia Occhini nel 1955 fu costretta a raggiungere Buenos Aires, dove dette alla luce Faustino, altrimenti, per la legge italiana, quel neonato avrebbe portato il cognome dell’ex marito Locatelli e non quello di Coppi.

 

Credits per l’inserto in edicola l’8 maggio 2019

Storia di un campione. 100 anni di Fausto Coppi è un progetto della Regione Piemonte, realizzato dal Fondazione Circolo dei lettori e Teatro Stabile di Torino, con DMO Piemonte Marketing e Piemonte Dal Vivo.

Il manifesto ringrazia: il Museo dei Campionissimi di Novi Ligure, il Museo Acdb di Alessandria, il Consorzio Turistico Terre di Fausto Coppi e il suo presidente Massimo Merlano, la SIOF di Pozzolo Formigaro, l’Associazione Bike & Wine, Luciana Rota, Giorgia Tomatis del Circolo dei lettori. A Castellania: Gianni Rossi del ristorante il Grande Airone, Maurizio Larghi del Borgo di Castellania, il sindaco Sergio Vallenzona.