Il governo ancora non ha sciolto i dubbi sulle chiusure di Natale, ma sembra evaporare il lockdown generale a favore di quelli che Conte ha definito «ritocchini». E intanto un’ombra si allunga sulle scuole: «Credo che sia ancora presto per dire se potremo o no riaprire completamente le scuole, anche le superiori dopo le feste natalizie», ha spiegato ieri Gianni Rezza, direttore della Prevenzione al ministero della Salute. «L’incidenza dei casi è ancora molto elevata e finché non la abbassiamo è difficile parlare di riapertura».

Le famiglie con figli alle superiori restano dunque ancora nella nebbia su gennaio. Così anche per Natale. Il governo dovrebbe prendere finalmente una decisione oggi, dopo un vertice dei capidelegazione della maggioranza con Conte e un altro incontro con le Regioni.

IL VERDETTO DEL COMITATO tecnico scientifico, dopo due riunione fiume e divisioni anche tra gli esperti, è arrivato ieri ma non indica con precisione la strada da prendere. Nel verbale si legge che servono provvedimenti «finalizzati all’inasprimento delle misure» facendo riferimento al Dpcm del 3 dicembre. Una formula vaga che tenta la sintesi tra posizioni molto distanti, quella di Rezza e del commissario Domenico Arcuri che volevano il lockdown per tutto il periodo delle feste, e quella di Franco Locatelli e di altri esperti che invece hanno difeso il sistema delle regioni a colori, che «finora ha funzionato» e dunque non andrebbe archiviato in favore di una chiusura totale.

Il dubbio se chiudere dal 22 dicembre al 6 gennaio l’Italia in un’unica zona arancione, oppure se mettere in rosso solo le date più calde come Natale e Capodanno non viene sciolto. Gli esperti del Cts si limitano a chiedere di potenziare i controlli anti-assembramento con un coinvolgimento «massivo» delle forze dell’ordine. E invitano a una particolare «prudenza in occasione delle festività» per evitare che l’indice Rt torni a salire sopra 1.

ALLA FINE I TRE DIRETTORI generali del ministero della Salute (Achille Iachino, Andrea Urbani e lo stesso Rezza) non hanno firmato il documento. «Una riunione difficile e intensa», ammette il coordinatore del Cts Agostino Miozzo. «Abbiamo raggiunto un punto d’incontro, al ministro Roberto Speranza abbiamo quindi suggerito di considerare quanto previsto dalla normativa già in vigore».

L’esito del conclave del Cts complica dunque la posizione dei ministri Speranza e Boccia, che spingono per il lockdown. Mentre i renziani frenano preoccupati dei risvolti economici e Conte anche ieri ha ribadito che «il Paese non può reggere un nuovo lockdown».

IN SERATA IL PREMIER ha spiegato: «Abbiamo già predisposto un piano per le festività natalizie. Forse qualche ritocchino ci sarà, introdurremo qualche misura ulteriore. Ci stiamo riflettendo». Ma «il sistema delle regioni colorate sta funzionando, abbiamo evitato un lockdown e stiamo reggendo bene questa seconda ondata». Rezza, in conferenza stampa, è amareggiato: «Nessuno tra noi è affetto da sadismo o vuole delle imposizioni sui cittadini: ma se tante persone che arrivano da luoghi diversi si incontrano in stanze chiuse questo alimenta la diffusione del virus. E io ritengo che anche a Natale sia prioritario proteggere la salute dei propri cari».

NEL BOLLETTINO DI IERI l’unico numero davvero allarmante è quello delle vittime che schizzano di nuovo a 846, dopo che da alcuni giorni la media si stava stabilizzando sotto quota 500. Il numero di nuovi positivi è 14.844 con 162mila tamponi,e un tasso di positività che scende al 9,1%, uno dei dati migliori delle ultime settimane. Anche i numeri dei ricoveri sono discreti: -423 nei reparti ordinari e -92 in terapia intensiva per un totale di 3.003.

Il Veneto resta nella bufera con 3320 nuovi positivi (lunedì erano + 2.829 e 165 vittime, il record da inizio pandemia: numeri che confermano come la regione (sempre rimasta zona gialla) sia ormai da giorni la più colpita. Ma è il numero delle vittime a preoccupare di più gli esperti: «Sono troppi, è la conferma che in questi mesi c’è stata una imponente ripresa dell’epidemia», dice Rezza.

OGGI LA PALLA TORNA AL SUK della maggioranza e delle regioni, con gli aperturisti che partono in vantaggio sui rigoristi. Italia Viva ha presentato in Senato una mozione che andrà al voto oggi (insieme a quelle del centrodestra e del Pd per gli spostamenti tra i piccoli Comuni) e che impegna il governo a decidere le nuove misure «sulla base di solidi dati scientifici che ne dimostrino l’imprescindibilità».