Roman Polanski come Alfred Dreyfus? Il cineasta ne è convinto, e gli dà man forte Emmanuelle Seigner, sua attrice feticcio e interprete di J’accuse, che rispolvera la figura del capitano francese-ebreo accusato di tradimento, condannato nel 1894 all’ergastolo, riconosciuto innocente nel 1898. Progetto tra i più ambiziosi dopo Le pianiste, Palme d’or a Cannes nel 2002, a J’accuse il regista franco-polacco di 85 anni pensava dal 2012. «Questo caso giudiziario che ha diviso i francesi della Terza Repubblica è oggi di estrema attualità », spiegava allora, denunciando «lo spettacolo ancestrale di caccia alle streghe, la paranoia delle misure di sicurezza, i tribunali militari segreti, le manipolazioni di Stato e una stampa accanita». La Seigner, che a 23 anni ha sposato Polanski il 30 agosto di 30 anni fa, affianca il marito richiamando l’aspetto personale del progetto: l’aplomb con cui certi media, come l’esercito all’epoca di Dreyfus, hanno continuato a mentire sul regista dopo la condanna Usa nel 1977 per stupro di minore, di cui ha scontato la pena. Incontrata ai Rendez-vous di Unifrance, interprete di alcuni dei migliori film di Polanski, da Frantic a Lunes de fiel e Vénus à la fourrure, l’attrice, ora eroina della serie di TF1 Insoupçonnable, i capelli biondi che le carezzano lo sguardo dolce e il morbido sorriso, ricorda che già tre anni fa dovevano iniziare le riprese di J’accuse, adattamento di D, romanzo storico di Robert Harris dal punto di visto del luogotenente innocentista Georges Picquart (Jean Dujardin nel film): nell’attesa, Polanski realizzerà D’après une histoire vraie, thriller psicologico con la Seigner e Eva Green, dal romanzo di Delphine de Vigan, che Emmanuelle gli aveva fatto scoprire, come già avvenuto con il romanzo ispiratore di Lunes de fiel.

E qui ricominciano i rigurgiti fanatici anti-Polanski.

A fine ottobre 2017, l’uscita di D’après une histoire vraie è stata disturbata all’anteprima alla Cinémathèque de Paris, cui ho partecipato con Roman, dalle proteste d’un nugolo di militanti femministe, irritate dall’iniziativa di una retrospettiva personale del regista.

In una tribuna su «Le Journal du Dimanche», ha denunciato la persecuzione.

Samantha Geimer, sua unica vittima, chiede da anni che il caso venga chiuso: ma giudici e media Usa fanno orecchie da mercante. Dai tempi dei nazisti della sua infanzia fino a oggi, Roman è condannato a fuggire perpetuamente, senza che una parte dei media si decida a riconsiderare con occhi limpidi il dossier della sua vita.

In tutti questi anni Emmanuelle Seigner è stata sempre al fianco del marito.

Roman ha subito un’altra ondata d’accuse dopo le rivelazioni dell’affaire Weinstein. Finché, a maggio dell’anno scorso, l’Accademia degli Oscar ha deciso, «in accordo con le sue norme di buona condotta», di escludere Polanski.

Un passo verso nuove ipocrisie targate Usa.

Tre mesi più tardi, l’8 luglio 2018, l’Accademia degli Oscar mi invita come nuovo membro, insieme ad altre attrici, per incentivare il numero di quote rosa: iniziativa ufficialmente opportuna, che combacia con le mie pretese di uguaglianza uomini-donne. Ma ho rifiutato con sdegno. In una lettera aperta ho denunciato l’«insopportabile ipocrisia dell’Accademia», che mi propone di aggiungermi ai suoi ranghi dopo averne radiato mio marito.