«C’era un furgone, un ragazzo di 16 anni che stava facendo uno stage e un sistema che educa allo sfruttamento come unico modello di sviluppo. Lunedì sera il furgone ha avuto un incidente, il ragazzo di 16 anni è morto, il sistema è ancora lì. Per l’azienda il furgone è una perdita da mettere a bilancio, per i media la morte di uno studente obbligato a lavorare a 16 anni è una fatalità, per il sistema tutto questo è solo un errore di percorso». Per gli «studenti in lotta» che domani, alle nove in piazza del Popolo a Fermo, andranno a manifestare questo non è un errore. è un sistema che va cambiato. Con loro ci saranno migliaia di coetanei in altre «quaranta» città, così ieri è stato detto nel corso di una conferenza stampa sulle scalinate del Ministero dell’Istruzione in viale Trastevere a Roma organizzata tra gli altri dalla Federazione giovanile comunista, Osa, il movimento della «Lupa». A Roma il corteo partirà alle 10 da piazza Vittorio. A Milano, Napoli e Torino si sono riconvocati contro il modello di scuola difeso in maniera arcigna dal ministro Bianchi. E l’Unione degli studenti aprirà gli «Stati Generali della scuola» da domani a domenica 20 febbraio a Roma.

QUESTA È LA SPACCATURA. Da un lato ci sono gli studenti che sembrano essere gli unici avere percepito la sconvolgente e inaudita nuova realtà: in Italia la scuola può anche uccidere, ma di norma prepara alla mentalità dello sfruttato. Dall’altro lato c’è un’evidente, e inquietante, volontà di normalizzare, fare finta di nulla, dare rassicurazioni infondate e di maniera. C’è il silenzio della società dello spettacolo, la stessa che ha trovato conveniente sfruttare l’opposizione «no vax» creando la polarizzazione binaria senza uscita e ignora – o sminuisce – le conseguenze sociali e politiche di una realtà aberrante: non si muore solo di lavoro, ma anche di studio.

IL MOVIMENTO degli studenti affronta questa difficile situazione in cui «normalità» significa «normalizzazione» e «pacificazione sociale». A Milano ieri è stato detto: «Nonostante, dall’inizio dell’anno a migliaia siamo scesi in piazza in tutta Italia, contro l’attuale modello di scuola il ministro Bianchi continua a non ascoltarci, persistendo nel farci false promesse». Oppure da Torino e provincia dove le scuole occupate sono diventate trenta e si stanno trasformando in laboratori dove immaginare un altro modello di scuola, diverso da quello del capitale disumano: «Dopo le morti di Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenucci e dei gravissimi atti di repressione subiti il 28 gennaio ci stiamo riunendo in assemblea per ripensare una nuova idea di istruzione, che sappia educarci al pensiero critico e non alla riproduzione continua di nozioni. Domani andiamo in piazza per ribadire che non ci fermeremo finché non ci saranno date risposte».

L’ESPLOSIONE di questo movimento è avvenuta nelle ore successive alla morte tremenda di Lorenzo Parelli il 21 gennaio. «Per noi – è stato detto in Viale Trastevere ieri – è stato come lo sparo di Sarajevo», quello che innescò un’impensabile cascata di reazioni che portarono alla prima guerra mondiale. La metafora suonerebbe enfatica, ma non è così. Risponde alla compressione psicosociale, culturale e politica che gli studenti hanno subito. Nei due anni pandemici sono stati usati dalla politica nel balletto Dad non-Dad, ma nulla di strutturale è stato fatto per cambiare la loro condizione. Fuori dalle aule, quando era libera dai lockdown, questa generazione è stata massacrata dalla polizia morale in servizio permanente ed è diventata un capro espiatorio.

IL VIMINALE ha inviato ieri ai prefetti una circolare dove tra l’altro invita a aprire «un canale di preventivo dialogo con i promotori o gli organizzatori delle iniziative». Nel frattempo a Roma, in Viale Trastevere, gli studenti hanno denunciato tentativi da parte delle questure in alcune città di limitare o ostacolare i percorsi dei cortei già comunicati per tempo. «Il ministero dell’interno dovrà prendersi la responsabilità di ogni forma di limitazione della libertà di manifestare» hanno detto.