La memoria è una facoltà ambigua, che spesso serve a inchiodarci alle comode versioni della nostra storia. E in effetti, con quanta compunzione ci ricordiamo come sono stati malvagi i tedeschi a sterminare sei milioni di ebrei e di zingari, mentre noi Europei reagiamo con tiepida ipocrisia allo sterminio del popolo Curdo, pur di non dover salvare da immonde prigioni, da noi finanziate, i tre milioni di siriani che vi abbiamo rinchiuso.

Non dipende infatti da noi, se questo sterminio viene o verrà fermato. Non siamo noi a interporci fra i combattenti, a imporre un temporaneo cessate il fuoco. Noi siamo ancora sotto lo choc del cosiddetto ’ricatto’ di Erdogan. Ma quale ricatto?

Vorrei provare ad arrivare con calma alle parole che avrei voluto sentire – se non dai governanti, almeno dalle associazioni, se non da loro, dai singoli – le parole del ‘buon senso’, o del ‘senso comune’.

1. Tre milioni di siriani affollano i campi di prigionia turchi, senza che la Turchia sia affondata nel mare per questo. Distribuiti in tutta Europa, scomparirebbero come alberi nella foresta.

Al momento, Erdogan cerca di condurre due operazioni: far fuori i suoi atavici avversari e vittime e fare del territorio occupato dal popolo curdo un immenso campo profughi, dove rovesciare non solo gli attuali rifugiati, ma tutti quelli che questa nuova guerra produrrà.

Ancora una volta nella Storia, ci sarebbe un paese dove le vittime fuggiasche occupano lo spazio di un popolo scacciato dalla guerra.

Questo non ci ricorda l’operazione inglese in Palestina, quando, degli ebrei sopravvissuti alla strage, ci ‘sbarazzammo’ spingendoli in una terra occupata da altri popoli, e creando intorno a loro e in Medio Oriente una situazione di guerre continue?

La differenza è che qui il popolo che attualmente occupa il territorio, sarebbe già stato sterminato, e che i futuri occupanti verrebbero rovesciati sulle sue rovine e il suo sangue, senza chiedere loro se vogliono infilarsi in questa trappola.

2. Questa ignobile operazione riceve come al solito la nostra cauta disapprovazione e reale beneplacito. La risibile sanzione di ‘sospendere la vendita delle armi in futuro’, quando la guerra è in atto e non stiamo sospendendo le vendite attuali (e anche della vendita futura si ‘parla’ soltanto), è come chiamare ‘fonte di pace’ una guerra spietata, o ‘operazione di polizia’ i bombardamenti a tappeto.

L’ipocrisia, la mistificazione sono diventati (o sono da sempre?) il linguaggio della politica, ma non solo. Sono in realtà il linguaggio corrente: politica e mercato ce ne hanno dato il costume. Ma non devono essere il nostro. A noi, noi singoli, noi associazioni, compete dire la verità. E’ il nostro compito, il nostro interesse, il nostro onore.

3. Ecco dunque quello che secondo me ‘la verità del buon senso’ (Moravia disse un giorno a chi discuteva di verità teologica, filosofica e via dicendo: “Io credo alla verità del buon senso’, e io con lui), ci avrebbe dovuto dire:

“Volete aprire le prigioni, dove tre milioni di esseri umani sono trattenuti, oppressi e torturati? Fatelo subito. Da questo momento non vi verseremo più un solo euro, e con quelli che risparmiamo, accoglieremo queste persone in modo decente e diffuso. Con il resto dei miliardi che diamo a voi e alla Libia (a cui va fatto lo stesso discorso) potremo occuparci della situazione che insieme a voi abbiamo creato, in modo che questa gente non sia più costretta a lasciare la propria terra (nessuno lo fa per proprio piacere, ma con grandissimo dolore). Cessiamo da questo momento di vendere armi a tutto il Medio Oriente (meglio se a tutto il mondo, ma un passo alla volta), e cessiamo ogni commercio con voi.

Poiché Putin e l’esercito siriano ci hanno preceduti nel mettersi a cuscinetto fra voi e il popolo curdo (e perfino Trump fa un piccolo passo indietro), non possiamo che unirci a loro, in modo che l’operazione sia comune e abbia l’efficacia necessaria a fermare subito e definitivamente la guerra.

Infine, cerchiamo l’alleanza di quei popoli del Medio Oriente che non stanno opprimendo o sterminando altri popoli, e cessiamo ogni intesa con quelli che lo stanno facendo.”

Questo, a mio parere, dovrebbe essere il discorso del buon senso, il senso che pensa al bene comune, che non arzigogola, non finge e non inganna, ma parla la preziosa lingua umana, fatta per tessere, non per ordire.

Altrimenti continueremo a produrre profughi e a pagare i loro aguzzini perché non li lascino arrivare fino a noi. Altrimenti, piano piano, la popolazione del mondo sarà rimpiazzata da una popolazione di profughi, ciascuno nel paese dell’altro, ciascuno in fuga dal proprio, tutti senza case e senza documenti, senza voto, senza diritti o mezzi di sostentamento, tutti rifocillati da organizzazioni internazionali che imporranno i propri prodotti. Non ci saranno più cittadini, ma solo rifugiati, non ci sarà più una patria, solo campi di raccolta.

Tranne noi, gli eterni invasi, asserragliati nelle nostre riserve di caccia, nei nostri ghetti, controllati dai gestori, dai mercanti, dagli oratori, dai carcerieri, noi aggrappati come Arpagone a un oro di cartapesta.