Nel giro di poche ore i sindacati metalmeccanici raccolgono quanto seminato in questi mesi di mobilitazione quasi come un regalo di natale, seppur in un quadro complicato esattamente come l’anno che si va a chiudere.
Prima l’incontro con il ministro Patuanelli e Domenico Arcuri – ancora alla guida di Invitalia – sull’ex Ilva, poi quello con Federmeccanica. La svolta maggiore arriva da quest’ultimo: dopo lo sciopero e la nuova – insufficiente – proposta, Federmeccanica apre ad una trattativa serrata da gennaio per arrivare al rinnovo del contratto nazionale. La conferma della volontà degli industriali di voler andare avanti è arrivata al termine dell’incontro in Confindustria a dissipare i timori dei giorni scorso di un eventuale nuovo stop nel negoziato. Si comincia con una doppia riunione a delegazioni ristrette per il 12 ed il 13 gennaio, poi sarà messo a punto un nuovo calendario con cui disegnare un percorso di avvicinamento ad una stretta della trattativa in tempi ragionevoli. Una disponibilità, quella di Federmeccanica, a trattare su tutto, riferiscono al termine dell’incontro i sindacati, naturalmente riferendosi in primo luogo all’aumento salariale, vero elemento di distanza fra le parti.
«Per la prima volta, dall’inizio della trattativa, Federmeccanica ha manifestato la volontà di aprire un confronto per cercare su tutti i temi delle soluzioni che consentano, in tempi brevi, di arrivare alla conclusione del contratto», commenta la segretaria generale Fiom Francesca Re David, al termine dell’incontro. «Sono pronti a trattare su tutti i punti della piattaforma, a partire dal salario dal punto di vista quantitativo e qualitativo e di ricercare le condizioni che permettano di fare un’intesa. Gli incontri di approfondimento hanno fatto emergere delle distanze. Abbiamo ribadito – prosegue Re David – che il salario è il cardine di questo rinnovo contrattuale e deve trovare risposte adeguate nella trattativa, così come è fondamentale il tema dell’inquadramento. Vogliamo fare il contratto ma rimaniamo pronti alla mobilitazione se si renderà necessario», conclude Re David.
«Abbiamo colto la volontà di Federmeccanica-Assistal di avviare un confronto a partire dal 12 gennaio per arrivare in tempi brevi al rinnovo – commenta il leader Uilm Rocco Palombella – . In questo momento difficile il rinnovo del contratto dei metalmeccanici diventa necessario», ribadisce ricordando come sul salario, capitolo caldo della vertenza «ci siano ancora distanze ma non abbiamo mai smesso di parlarci e di lavorare».
«Bene l’apertura di Federmeccanica e di Assistal a trattare su tutto – dichiara il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia – .Restano molte distanze ma il tempo che stiamo vivendo tra grandi trasformazioni del lavoro e la crisi innescata dalla pandemia ci chiede di dare soluzioni ai lavoratori e alle imprese».
Sempre a gennaio, dopo il via libera della commissione Ue all’ingresso dello stato che Arcuri sostiene arriverà «senza particolari difficoltà», partirà anche la trattativa sull’ex Ilva, dopo la firma dell’accordo di investimento tra ArcelorMittal e Invitalia del 10 dicembre, che apre le porte all’ingresso dello stato inizialmente al 50% (per poi salire al 60% nel 2022) nel polo siderurgico. L’obiettivo è arrivare ad un nuovo accordo con i sindacati che insistono sulla piena occupazione, per i dipendenti di ArcelorMittal ma anche per i lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria, che acceleri gli investimenti e la produzione insieme alla sostenibilità ambientale. L’accordo sindacale è «centrale e il suo percorso inizia oggi», rimarca il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli.
L’accordo prevede il completo assorbimento, nell’arco del piano, quindi al 2025, dei 10.700 lavoratori e una produzione per 8 milioni di tonnellate, salendo a 5 milioni già nel 2021. E puntando a trasformare l’ex Ilva di Taranto nel più grande impianto di produzione di acciaio green in Europa. Fim, Fiom e Uilm insistono sulla necessità di «rimettere nel perimetro» i 1.700 lavoratori in Ilva in As e di «evitare che si resti 5 anni in cassa integrazione».