La vertenza Ilva, in attesa della decisione del Tar di Lecce sui ricorsi della Regione Puglia e del Comune di Tarnato, prosegue. Si svolgerà infatti regolarmente il tavolo previsto per questa mattina al ministero dello Sviluppo (Mise) a Roma, per riprendere la discussione con i sindacati metalmeccanici sul piano industriale di Arcelor Mittal. I sindacati hanno ricevuto la convocazione dal ministro Carlo Calenda, nella mattinata di ieri, dopo che l’appuntamento odierno era stato annullato mercoledì proprio dal ministro, al termine del vertice del Tavolo per Taranto, dopo che il governatore pugliese e il sindaco di Taranto avevano ribadito che non avrebbero ritirato il ricorso al Tar. La nuova convocazione conferma anche il secondo tavolo previsto il 10 gennaio per avviare il confronto sulle unità produttive.
È INVECE SALTATO, dopo essere stato convocato poche ore prima, il tavolo promosso dal comune di Taranto e dalla Regione, che avrebbe dovuto svolgersi domani a Palazzo di Città sulla vicenda Ilva. E che avrebbe dovuto vedere come interlocutori intorno allo stesso tavolo, le istituzioni locali, i sindacati, Confindustria e le aziende dell’indotto. A rinviare il confronto «a data da destinarsi» è stato proprio il sindaco Rinaldo Melucci, dopo il rifiuto della Fim Cisl di aprire un nuovo tavolo sulle stesse questioni che da mesi si affrontano al ministero dello Sviluppo economico. Del resto, sia i sindacati locali che nazionali, hanno da subito bocciato l’iniziativa del ricorso al Tar, e ora non vogliono correre il rischio di perdere l’interlocuzione avviata con ArcelorMittal sul piano industriale e gli esuberi, aderendo alla nuova iniziativa delle istituzioni locali.
PROPRIO IERI I SEGRETARI generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, hanno inviato al governatore Michele Emiliano, al sindaco Melucci, e per conoscenza al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni e al ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, una lettera in cui chiedono il ritiro del ricorso al Tar, perché «è il momento del confronto e del negoziato e non del ricorso ai tribunali, è il momento di lavorare insieme, nel rispetto reciproco dei ruoli di ognuno, per ricercare la soluzione migliore e dare un futuro alle lavoratrici e ai lavoratori del gruppo Ilva».
VICENDA SULLA QUALE ieri è intervenuta anche Bruxelles. L’Antitrust Ue ha infatti completato l’indagine sulle misure di sostegno a favore dell’Ilva, concludendo che due prestiti concessi nel 2015, sono da ritenersi aiuti di Stato illegali. Ora lo Stato dovrà recuperare dall’Ilva «l’indebito vantaggio» di 84 milioni di euro (interessi esclusi), corrispondenti alla differenza tra le condizioni finanziarie del prestito e della garanzia di cui ha beneficiato, e le condizioni prevalenti sul mercato. La Commissione Ue, in una nota ufficiale, ha precisato che «la decisione non interferisce con l’attuazione delle misure ambientali né con la procedura di vendita».
NELL’AMBITO DEL CASO Ilva la Commissione Ue ha esaminato cinque misure di sostegno, per un totale di oltre 2 miliardi di euro. Solo due sono risultate incompatibili, mentre le altre tre «non si qualificano come aiuto di Stato perché in linea con le condizioni del mercato o perché non coinvolgono fondi pubblici», chiarisce Bruxelles. Bene anche il rispetto delle regole Ue nella procedura di vendita che «si è svolta in modo aperto, corretto e trasparente». La commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, commentando la decisione della Commissione, ha dichiarato che «la migliore garanzia di sostenibilità futura della produzione dell’Ilva consiste nella cessione degli attivi a condizioni di mercato» e che «gli interventi urgenti di bonifica ambientale per proteggere la salute degli abitanti di Taranto, dovrebbero procedere senza più ritardi».