Sembra proprio che il Def non conterrà il quadro programmatico. Per giustificare questa grave carenza il governo ricorre al mancato perfezionamento del nuovo Patto di stabilità europeo, nonché agli effetti indeterminati del superbonus edilizio che non consentirebbero di calcolare l’impatto sui conti pubblici, e sul debito in particolare.

In realtà si tratta di scuse e reticenze per coprire una strutturale incapacità di programmare. Al netto della ingiustificata registrazione nella precedente manovra del peggioramento del deficit, che nel 2023 è passato dal 5,3 al 7,2% del Pil, le stime per il 2024 prevedono, secondo alcuni istituti, un deficit intorno al 4,3 – 4,4% del Pil. Ma i veri rischi arrivano dalle previsioni per il 2025.
Il deficit programmato dal governo è pari al 3,6%. Un livello difficile da perseguire, a meno di non rifinanziare le così dette una-tantum (taglio del cuneo fiscale, riduzione delle aliquote fiscali, canone Rai, solo per citarne alcune). Queste misure costano molto, soprattutto quelle di natura permanente, impropriamente coperte solo per un anno. Sarà difficile combinare la narrazione governativa con la necessità di sostenere una manovra restrittiva.

Nel complesso dovrebbero essere reperiti non meno di 20 miliardi per mantenere le deduzioni-detrazioni della legge di bilancio dello scorso anno e, inoltre, dovrebbero essere trovate le risorse per le spese incomprimibili. Le minori spese per interessi sul debito pubblico potranno forse dare un contributo (2-3 miliardi di euro), ma si tratta di decimali. Altra incognita sono le privatizzazioni, che peraltro dovrebbero essere utilizzare per l’abbattimento del debito (e non del deficit) e di cui è stato previsto un apporto esagerato (un punto di prodotto nel triennio), per non parlare della loro opportunità. Sembra tecnicamente impossibile rifinanziare tutte le iniziative governative. E per questo nulla si dice nel Def, impedendo al parlamento di fornire nella risoluzione un indirizzo consapevole. Il sospetto è che le dichiarazioni del ministro nella recente audizione parlamentare del 3 aprile siano state un bluff.

Per valorizzare il ruolo del parlamento è necessario il rispetto rigoroso della scansione temporale dei documenti finanziari, evitare l’uso del maxiemendamento e della relativa fiducia nella definizione della manovra, assumere l’impegno di non inserire nel progetto di bilancio norme micro-settoriali (tutte cose praticate non solo dal governo attuale). Ma prima di tutto si dovrebbe irrobustire la programmazione di bilancio. E questo significa che, proprio in ragione della transizione dal vecchio al nuovo Patto di stabilità, il Def dovrebbe essere ricco di contenuti e non asciutto come è stato prospettato. Dovrebbe indicare le direttrici della manovra per evitare il corto circuito di fine anno. Il ministro ha parlato di migliorare l’intellegibilità di missioni (politiche pubbliche) e programmi (unità di voto), prefigurando anche nuove aggregazioni significative per meglio esplicare la funzione allocativa. Bene, ma tutto ciò, per avere senso, dovrebbe essere fornito al parlamento con congruo anticipo. Diversamente le commissioni parlamentari avranno solo un ruolo di consulenza.

Il ministro ha detto che il braccio preventivo del Patto di stabilità è stato modificato nel senso del potenziamento degli investimenti e della dimensione sociale, che il bilancio non deve rispondere ad una logica meramente contabile ma adottare il metodo del Pnrr, basato su obiettivi intermedi e risultati. Bene. Allora non devono essere apportati tagli lineari (che scardinano le progettualità virtuose), non si devono introdurre misure di natura permanente adottando coperture a termine, non si devono costruire tendenziali troppo ottimistici, smentiti a consuntivo, e ipotizzare privatizzazioni esagerate.
La situazione del prossimo triennio è peraltro abbastanza chiara, come ha annunciato il ministro. La procedura di infrazione è sicura, quindi andrà corretto il disavanzo di 0,5 punti all’anno. Saremo nel gruppo del braccio correttivo. In altre parole, correzioni maggiori sono rinviate alla prossima legislatura, anche se la riduzione di un punto di debito all’anno (agevolata quest’anno dall’effetto dell’inflazione) dovrà essere assicurata.

Come si può agire in senso progressivo in questo quadro incerto e con margini molto ristretti? Una sana programmazione e, quindi una scelta delle missioni pubbliche da sostenere: sanità, investimenti e regole. In altri termini, difendere la sanità pubblica per rimettere in piedi un sistema che mostra segni evidenti di cedimento (l’appello degli esperti parla chiaro); spingere sull’attuazione del Pnrr (e delle altre ingenti risorse), con una poderosa azione bottom up che coinvolga i territori; ripristinare le regole per restituire al parlamento il potere di bilancio perduto.