A un passo se non dalla risoluzione almeno dall’avvio della risoluzione, la crisi rischia di avvitarsi di nuovo. La prova è che il capo dello Stato ha deciso un nuovo rinvio di 24 ore prima di affidare, se mai avverrà, l’incarico a Giuseppe Conte. Se ne parlerà solo domani. La decisione, ieri mattina, era quasi presa. Nei colloqui con i presidenti delle Camere, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, Sergio Mattarella lo aveva fatto chiaramente capire, pur confermando l’intenzione di vagliare uno per uno i ministri suggeriti, per interposto candidato premier, dai partiti. I suoi dubbi si appuntavano, e ancora si appuntano, soprattutto sul ministro dell’Economia scelto dal Carroccio ma inviso all’Europa, Paolo Savona.

IL PROBLEMA È CHE a non essere stato vagliato con la dovuta attenzione, né dai partiti né dagli uffici del Quirinale, è proprio il curriculum del premier in pectore. Mattarella se ne è reso conto presto, prima con il caso Stamina, poi con quello del curriculum abbellito con un «perfezionamento degli studi» presso la New York University che di cui l’ateneo in questione non sa nulla, perché durato solo due giorni. Pecche minori, ma dalle colonne del New York Times rimbalzano su tutta la stampa nazionale e di lì ritornano, amplificate, su quella internazionale. Anche perché il curriculum è stato sottoposto a identica cosmesi anche in un paio di altri prestigiosi casi, dall’Austria alla Sorbona.

Lo stesso Movimento 5 Stelle va in fibrillazione, esita, poi sceglie di fare muro intorno al candidato. Solo per finta però, perché l’intreccio tra gli schizzi di fango che macchiano la figura di Conte e i dubbi del capo dello Stato, che non ha mai nascosto di ritenere molto più opportuno affidare la guida del governo a un leader politico reso autorevole dalla forza parlamentare e dal consenso popolare, a Luigi Di Maio insomma, spingono il leader politico dei 5 Stelle a provare ancora a puntare su se stesso.

NEL PRIMO POMERIGGIO il leader pentastellato incontra Matteo Salvini e mette le carte in tavola. Mattarella ha fatto capire, pur senza esprimere veti espliciti, che non potrebbe accettare la nomina di un presidente del consiglio che agli occhi dell’Europa sarebbe comunque traballante e di un ministro dell’Economia che per l’Europa sarebbe inaccettabile. Quindi delle due l’una: o si ritira Conte o si ritira Savona. E allora perché non rimpiazzare il professore pugliese con il giovane capo del Movimento 5 Stelle, spalancando così la porta dell’Economia a Savona, se non addirittura a Giancarlo Giorgetti?

La risposta del leghista è secca: non se ne parla. Lo dice in privato e lo conferma in pubblico: nessun ripensamento. Il candidato resta quello scelto con i 5 Stelle, Giuseppe Conte, e anche su Savona all’Economia il Carroccio tiene duro: «Ha il solo torto di dire che questa Ue non va bene». Poi, per la prima volta da giorni, rispolvera le possibili elezioni a breve: «O si parte e si cambia o si vota e chiediamo la maggioranza per fare da soli».

LA SCELTA, A QUESTO PUNTO, dipende tutta dal presidente della Repubblica. Se Di Maio riuscirà a convincere in extremis Salvini, ma è un periodo ipotetico dell’irrealtà, l’incarico slitterà dal docente al capopartito. Altrimenti Mattarella avrà di fronte a sé due strade, entrambe sgraditissime. Scegliere Conte, pur sapendo che, da debole che era, è ormai fragilissimo, esposto a una sorta di discredito fuori dai confini nazionali, dove del resto era già poco considerato per la sua totale mancanza di esperienza politica. Oppure ripartire da zero, spiegare ai partiti che purtroppo la via da loro indicata si è rivelata impraticabile, riportare le lancette indietro di una settimana scontando però il danno d’immagine all’estero e sui mercati e quello di credibilità in patria.

A orientare la scelta di Sergio Mattarella saranno in parte gli approfondimenti che ha commissionato agli uffici del Quirinale sui curricula non solo del papabile per palazzo Chigi ma anche di tutti i possibili ministri, e pare che ieri fosse visibilmente irritato perché quel necessario lavoro non è stato fatto per tempo. Influirà inevitabilmente la reazione dei media esteri e in particolare europei, che verrà registrata e valutata oggi. Inciderà anche la situazione nella contrattazione, che si è fatta durissima, un vero e proprio braccio di ferro con la Lega, sul ministero dell’Economia.

MA NESSUNO AL QUIRINALE si nasconde che nessuna di queste due strade è anche solo in minima misura soddisfacente. Tanto che ieri sera ci si chiedeva se persino l’ipotesi considerata sinora la peggiore in assoluto, quella di tornare alle urne il prima possibile, non possa essere ormai il male minore.