Quasi 56 mila iscritti al Movimento 5 Stelle hanno approvato la leadership di Giuseppe Conte. L’altro incoronato, nella votazione per l’elezione del collegio dei probiviri, è l’ex ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli, che prende oltre 44 mila voti. Va detto però che Toninelli era in competizione con altri cinque candidati a far parte dell’organo della giustizia interna del M5S. Tutte nomine virtuali, perché non è chiaro il modo in cui questa votazione passerà indenne alle beghe giudiziarie che ormai da settimane affliggono il nuovo corso grillino dopo la sospensione di cariche e regolamenti decisa dal Tribunale di Napoli. Tanto più che l’ineffabile avvocato Lorenzo Borrè ha già fatto sapere di avere pronte le carte per i prossimi ricorsi, su istanza di decine di iscritti.

TANTO BASTA, però, a Conte per provare a riprendersi la scena. In mattinata ritrova i comitati tematici e gli organismi territoriali chiamati a raccolta a Roma, per rilanciare l’agenda del M5S e il suo radicamento. Ne viene fuori un vasto programma, dal «sostegno alla natalità e alle giovani coppie» alla lotta «alla scarsa produttività del sistema paese». Annuncia un «percorso che non sarà calato dall’alto»: «Avremo un confronto con i territori per progetto di governo condiviso. Tra pochi giorni presenteremo le iniziative della scuola di formazione, abbiamo bisogno di studiare continuamente i temi che interessano gli italiani». Sul nodo che attanaglia la maggioranza la formula è questa: «Non siamo contro gli investimenti militari ma contro la corsa al riarmo». In serata, a conferma della stizza del presidente del consiglio sulla querele, da Palazzo Chigi trapeleranno le cifre degli ultimi governi, per far capire che proprio con Conte a capo dell’esecutivo le spese militari avevano conosciuto un balzo.

A PALAZZO CHIGI, per l’appunto, nel pomeriggio Conte rientra da ospite di Mario Draghi. Nel corso di tutta la giornata si ritrova a percorrere lo stretto crinale che dovrebbe ridare centralità al M5S: riprendersi la parola, non rinnegare l’alleanza strategica col Partito democratico (alle prossime amministrative gli accordi sono già pronti e si andrà insieme a Genova, L’Aquila, Catanzaro e Palermo), guadagnarsi un’interlocuzione autonoma con il presidente del consiglio che sottragga spazi di manovra a Luigi Di Maio, considerato un tessitore di trame parallele e poco chiare. Anche se sia il ministro degli esteri che il presidente della camera Roberto Fico si felicitano per la nuova elezione dell’avvocato. Dal canto suo, il leader ostenta sicurezza sul rapporto con il Pd: «Se il Pd sarà’ al nostro fianco ci farà piacere, altrimenti ne prenderemo atto». Allo stesso modo «se sarà con noi sul salario minimo, ci farà piacere, se si orienterà diversamente, ne prenderemo atto». Poi nega di avere un Piano B, da tirare fuori se davvero l’involucro legale del M5S si dovesse rivelare inutilizzabile, e smentisce di considerare l’idea di mettere in piedi una Lista Conte per proseguire il lavoro dei 5 Stelle con altri strumenti.

«HO PORTATO a Draghi la preoccupazione del Movimento 5 Stele e di tutti italiani – dice Conte – Ho chiesto al premier di lavorare per maggiori risorse per la salute. Abbiamo discusso del caro bollette, che sono anche triplicate, dell’aumento del prezzo dei generi alimentari. Questioni prioritarie rispetto all’incremento spesa». In mattinata, dopo aver visto i suoi, aveva gettato acqua sul fuoco degli scontri nella maggioranza e assicurato che il Movimento 5 Stelle avrebbe votato il Decreto Ucraina anche senza fiducia. «Noi sosteniamo il governo, ne siamo parte integrante – spiega ancora più tardi – Ma siamo il partito di maggioranza relativa e abbiamo il diritto di essere ascoltati e la nostra opinione deve valere». La partita della spesa militare è solo rinviata al Def? «Nel Def ragionevolmente non ci sarà scritto qualcosa del genere – assicura Conte – Ma questo non toglie che è una prospettiva che dobbiamo affrontare. Il problema può essere procrastinato ma dobbiamo affrontarlo dal punto di vista politico, con Draghi continueremo a discutere».