Dal Tribunale di Napoli arriva una decisione, per molti versi insperata, che lascia un attimo di respiro a Giuseppe Conte dopo il duro colpo elettorale del primo turno delle amministrative di domenica. Il Tribunale ha respinto la richiesta di sospensiva delle nuove delibere assembleari in base alle quali era stato nominato per la seconda volta leader del Movimento 5 Stelle, dopo la prima sospensione di qualche settimana prima.

«Andiamo avanti, con forza e determinazione per il rilancio del nuovo corso» esulta Conte salutando la scelta del magistrato sulle «democratiche scelte dei nostri iscritti sul futuro del M5S». La decisione non è definitiva: riguarda semplicemente l’opportunità di sospendere le cariche nell’attesa che si arrivi a sentenza. Eppure l’aria che circolava attorno a questa scelta faceva pensare che Conte avrebbe potuto decidere di varare il suo progetto politico, se tutto fosse andato per il verso sbagliato per la seconda volta, e che il contenitore legale del M5S si dovesse considerare ormai inservibile, una scatola cinese di norme e cavilli ormai impossibile da districare.

Dall’altra parte della barricata del giudizio si trova l’avvocato Lorenzo Borrè, anche lui iscritto al M5S e profondo conoscitore del labirino normativo grillino. Che come gli era successo in passato si esprime sotto forma di allegorie. «Anche la partita a scacchi finisce quando i pezzi bianchi e quelli neri vengono tolti dalla scacchiera e rimessi nella scatola» afferma Borrè dopo la decisione dei giudici. I ricorrenti da lui patrocinati hanno la possibilità di presentare reclamo contro il provvedimento di rigetto e decideranno se farlo a stretto giro.

Dopo l’estate si discuterà del il primo dei ricorsi presentato da Borrè e subito dopo inizierà la discussione sul ricorso contro le delibere sul nuovo Statuto (ed elezione di Conte) votate a marzo. Conte, insomma, ha davanti a sé un percorso legale ancora lungo da affrontare anche se le motivazioni con il quale ieri è stata rifiutata la sospensione rende gli avvocati del M5S ottimisti.

La giudice Loredana Ferrara ha respinto tutti i motivi di «doglianza» dei ricorrenti, peraltro sottolineando che l’esclusione dal voto degli iscritti da meno di sei mesi (che era uno dei motivi del ricorso) è stata ininfluente ai fini del risultato finale. «Anche ipotizzando che tutti avessero votato contro le delibere poi approvate, il risultato della votazione non sarebbe cambiato», scrive Ferrara. Respinti anche i rilievi sulla mancanza della designazione di Giuseppe Conte quale «Primo Presidente» da parte del Garante e sulla mancanza della stessa qualità di Garante in capo a Beppe Grillo: «Appare difficilmente dubitabile, allo stato, da un lato la qualità di Garante di Beppe Grillo, fatto acquisito alla comune conoscenza, dall’altro la indicazione da parte dello stesso di Giuseppe Conte», afferma la giudice.

«Con la sentenza di Napoli inizia una nuova fase. Giuseppe Conte è il nostro leader perché è stato scelto da un’ampia consultazione che ne ha decretato la sua leadership» esulta il vice di Conte Mario Turco. Che ieri è stato al centro di polemiche confermano le fibrillazioni interne dopo il tracollo nel voto dei comuni. Turco è finito nel mirino degli scontenti dopo aver dichiarato che «senza il presidente Conte i 5 Stelle, di fatto, non esistono». Per il presidente della Commissione Ue Sergio Battelli sono «Parole vergognose». «Tutti sono importanti ma nessuno è indispensabile» afferma il presidente della commissione agricoltura, Filippo Gallinella. Luigi Di Maio, invece, ancora ha scelto la via del silenzio.